“Il progetto verrà presentato a settembre, ma non si tratta di un partito politico, ce ne sono già troppi”. Ci tiene subito a precisarlo Diego Della Valle, numero uno del gruppo Tod’s, che al Fashion Global Summit alla Triennale di Milano ha annunciato la nascita di Noi Italiani. Un progetto che “vuole essere soltanto uno stimolatore per proporre dei progetti legati alla solidarietà”, ma che in realtà potrebbe nascondere un nuovo disegno politico.
Della Valle scende in campo? – Il dubbio che Noi Italiani nasconda un progetto politico non nasce da chissà quali congetture, ma semplicemente dall’esperienza politica italiana. Dopo aver fatto le proprie fortune nel mercato delle calzature con i marchi Tod’s, Hogan e Roger Vivier e nel mercato dell’abbigliamento con la griffe Fay, Della Valle sembra intenzionato a mettere la propria esperienza a servizio del paese. “L’obiettivo è creare un modello riproducibile e replicabile in casa propria da chiunque lo condivide –anticipa l’imprenditore marchigiano- «È un modo per segnalare che si possono fare tante cose”.
La garanzia di Noi Italiani, i cui connotati sono ancora difficilmente descrivibili, saranno i progetti già realizzati dal patron della Fiorentina: “I 100 euro dati un anno fa ai dipendenti per andare con la famiglia al cinema e a mangiare una pizza due volte al mese. L’ingresso come soci nel Teatro alla Scala di Milano, quando era in difficoltà economiche o ancora l’impegno per il restauro del Colosseo”. Insomma, ai curiosi di sapere cosa stia balenando nella testa dell’amministratore delegato di Tod’s non resta che attendere settembre.
Silvio Berlusconi, il politico imprenditore – Quando si pensa al binomio politica imprenditore ovviamente il pensiero va subito a Silvio Berlusconi che, dopo aver creato in quasi 30 anni un vero e proprio impero economico (Fininvest, F.C. Milan e Mediaset tanto per citare alcune aziende di famiglia), a cavallo tra il 1993 e il 1994 decise di dar vita a Forza Italia.
Un’entrata a gamba tesa in un sistema politico falcidiato dalle inchieste di Mani Pulite, da quale l’ex Cavaliere dopo più di vent’anni ancora non vuole affatto uscire. Nella sua carriera politica undici anni da Presidente del Consiglio, ma anche le macchie dei tanti processi giudiziari in cui è stato coinvolto.
Proprio la discesa in campo di Silvio Berlusconi sembra aver coinciso con l’inizio di una sorta di maledizione rispetto al rapporto imprenditore-politica. I grandi manager che hanno tentato di affacciarsi nell’area politica dopo il 1994 non hanno avuto grandi successi.
La rapida parabola di Montezemolo– L’ultimo caso emblematico è stato quello di Luca Cordero di Montezemolo. Corteggiato nel 2008 proprio da Berlusconi per un ruolo di ministro nell’esecutivo nato dopo la caduta del governo Prodi, l’imprenditore bolognese dopo il quinquennio a capo di Confindustria diede vita nel 2009 a Italia Futura. Una “creatura politica” nata come asse portante del consenso attorno a Mario Monti e al suo partito Scelta Civica e con essi finita nel dimenticatoio dopo le elezioni politiche 2013.
“Peccato di presunzione quella degli ottimati che raddrizzano il legno storto, che salvano i cittadini dai vizi della politica – ha ricordato al CorrieredellaSera Carlo Calenda, ex coordinatore di Italia Futura e stretto collaboratore di Montezemolo in Ferrari e in Confindustria- E invece la regola prima della politica è la conquista del consenso sulla base di un’idea”. La fine del progetto non sembra però aver scalfito la carriera del manager bolognese, oggi presidente della nuova Alitalia e del comitato per le Olimpiadi 2024 a Roma.
La meteora Samorì e il romano Marchini – Ma Luca Cordero di Montezemolo non è certo l’unico ad essere stato colpito dalla maledizione post-Berlusconi. In pochi si ricorderanno di Gianpiero Samorì, l’imprenditore modenese che prima del voto 2013 sembrò spuntare dal nulla per candidarsi alle primarie del centro-destra. Invano, visto che l’ex Cavaliere decise di rimettersi subito alla guida della coalizione bypassando le primarie. E i sogni di gloria per Samorì, che si era detto “lieto se Berlusconi mi passasse il testimone”, finirono davanti al televisore: “Il signor Samorì –spiegò Berlusconi in una puntata di Porta a Porta- l’ho conosciuto solo una volta e non è mai stato presente nel nostro partito”.
L’ultimo imprenditore in ordine di tempo, e verrebbe da dire uno dei pochi, ad aver avuto invece un discreto successo politico è stato Alfio Marchini, il costruttore romano che tempestò Roma di cuori e slogan d’amore per la città durante la campagna elettorale per le elezioni comunali 2013 (in cui raccolse il 10% dei voti a capo di un listone civico), vinte da Ignazio Marino. Proprio l’attuale sindaco di Roma è il bersaglio principale del “palazzinaro” Marchini (come viene volgarmente definito nella capitale chi costruisce case), cresciuto in una famiglia vicina al Partito Comunista Italiano ribattezzata non a caso “Calce e martello”. Sicuramente, ciò che non manca ad Alfio Marchini e che potrebbe salvarlo dall’anonimato politico nel lungo periodo è il pragmatismo: pur di governare Roma, in una recente intervista a Repubblica si è detto pronto ad “allearsi con chi ci sta, destra o sinistra fa lo stesso”.