In teoria la Grecia sarebbe già in default visto il mancato pagamento della rata del Fmi. In pratica, spiega Klaus Regling direttore del EFSF (il fondo salva stati europeo), “il board dei governatori ha deciso di aspettare e non richiedere ad Atene il pagamento immediato dei prestiti concessi nè di usare il suo diritto ad agire, cioè di non usare alcuna delle opzioni a disposizione”.
Tutto questo mentre Atene si prepara stasera alle manifestazioni in vista del referendum (che si terrà regolarmente domenica, il Consiglio di Stato greco ha infatti respinto il ricorso presentato contro il referendum) con Alexis Tsipras che ha invitato di nuovo i connazionali a dire “no a ricatti e ultimatum, decidete con calma il vostro futuro. La vittoria del No significherà più forza al tavolo dei negoziati”. L’unico modo per rendere sostenibile il debito greco, ha aggiunto Tsipras nel suo ultimo intervento televisivo, “è un taglio del 30% e un periodo di grazia di vent’anni. Il rapporto del Fmi giustifica la nostra scelta di non accettare un accordo che ignora il tema fondamentale del debito”.
Il suo braccio destro Yanis Varoufakis intanto assicura a una radio irlandese che “un accordo è in vista” anche se a vincere saranno i “no”. A smentire il ministro delle finanze greco ci pensa però Bruxelles: “Non c’è alcuna trattativa in corso”. “E’ una bugia” tuona il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. Il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker avvisa i greci “se voteranno no, la posizione di Atene sarà drammaticamente indebolita, ma anche con il sì non sarà facile”.
Infine il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble smorza le aspettative di Atene sulle possibilità di ottenere rapidamente delle risorse di sostegno: “Potrebbe volerci del tempo”, ha detto alla Bild secondo un’anticipazione, spiegando che il quadro della situazione è cambiato, in negativo.