Papa Francesco: il pontefice è sbarcato in Ecuador. Il tour proseguirà anche in Paraguay e Bolivia, alcuni degli stati più poveri del continente che ospita il 40% di tutti i cattolici del pianeta.
Papa Francesco: Correa ringrazia
L’ultima visita di Francesco in Sud America risale al 2013: quel viaggio si concluse con un bagno di folla a Rio de Janeiro. Sulla spiaggia di Copacabana, dove si tenne la messa conclusiva del festival della gioventù cattolica, c’erano 3 milioni di persone. Anche in Ecuador si prevede un’accoglienza simile: dopo l’arrivo presso l’aeroporto Marical Sucre di Quito, in migliaia si sono raccolti ai bordi delle strade per salutarlo.
D’altronde, nel continente i cattolici sono più di un miliardo, anche se in Ecuador sono diminuiti dall’ultima visita di un papa nel paese (risale al 1985, il pontificato era quello di Giovanni Paolo II). Allora il 94% della popolazione era cattolico, oggi la percentuale è scesa fino a quota 79% (16 milioni di abitanti).
D’altra parte Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, è da sempre un ammiratore di Francesco: “un umanista cattolico di sinistra” ha avuto modo di definirlo qualche tempo fa. Adesso, avrà modo di ammirarlo ancora di più, visto che la visita del papa arriva proprio al momento giusto. Proteste e manifestazioni (con annesse richieste di dimissioni), tra le più intense e partecipate alle quali il paese abbia mai assistito, si succedono da alcune settimane a causa di un aumento delle tasse di successione. Francesco ha invitato al dialogo “senza esclusioni”, forse gli animi si smorzeranno o forse no, nel frattempo Correa ringrazia.
Papa Francesco: il paradosso boliviano
Bergoglio ha scelto ancora una volta la “periferia” (non solo geograficamente intesa) del pianeta per il suo nono viaggio all’estero. “Voglio testimoniare la gioia del Vangelo e portare la tenerezza di Dio – ha chiarito il pontefice qualche giorno prima della partenza – soprattutto ai bambini, agli anziani, agli ammalati, ai carcerati, ai poveri, a tutte le vittime di questa cultura dell’usa e getta”. Sia l’Ecuador che la Bolivia (l’89% della popolazione è cattolico) e il Paraguay (77%) sono afflitti da una storia di povertà e disuguaglianza: “il progresso e lo sviluppo devono garantire un futuro migliore per tutti, con particolare attenzione ai più deboli con cui l’America Latina è in debito”.
Il presidente ecuadoregno Correa ma anche Evo Morales, il presidente della Bolivia, da diverso tempo promuovono lo sfruttamento “selvaggio” delle risorse di petrolio e gas naturale nei rispettivi paesi: l’estrazione colpisce soprattutto i luoghi abitati dalle popolazioni indigene. Molto probabilmente Francesco ribadirà quanto scritto nell’enciclica “Laudato si”, pubblicata appena 2 settimane fa: è necessario trovare un modello di sviluppo che rifiuti la mentalità del profitto a tutti i costi, una visione del progresso economico che salvaguardi i diritti di tutti e a maggior ragione quelli dei più poveri.
Tuttavia, Evo Morales, al potere dal 2006, è riuscito a dimezzare il numero degli indigenti in Bolivia grazie ai ricavi provenienti dalle esportazioni di gas naturale (quasi la metà di quelle totali). Quando la domanda ha superato l’offerta, il presidente boliviano ha autorizzato l’estrazione in tutte le 22 “aree naturali protette” del paese sostenendo di non avere scelta in mancanza di grandi industrie.