Corea del Nord: 1400 esecuzioni dal 2000?
Corea del Nord: difficile verificare i dati in modo indipendente ma secondo un rapporto sudcoreano dalle parti di Pyongyang sono state quasi 1400 le esecuzioni pubbliche dal 2000 al 2013.
Corea del Nord: la versione sudcoreana
L’Istituto per la riunificazione nazionale (finanziato dal governo di Seoul) ha affermato che in Corea del Nord si sono verificate 1382 esecuzioni pubbliche in 13 anni. Secondo i dati riportati nel Libro bianco sui diritti umani in Corea del Nord – viene pubblicato ogni anno dall’ente sudcoreano – il picco delle esecuzioni è stato raggiunto nel 2009, quando avrebbero toccato quota 160 (per le fonti ufficiali nordcoreane si è ricorso solo una volta alla pena di morte).
Dopo il 2013, pur in mancanza di dati certi, si suppone un costante aumento delle esecuzioni Amnesty International, sempre in riferimento al 2013, calcola 70 esecuzioni: in un paese che rappresenta lo 0,3% della popolazione mondiale si sarebbe svolto più o meno il 10% delle 776 esecuzioni avvenute in tutto il mondo.
Non è possibile verificare i dati in modo indipendente sottolineano i media internazionali (d’altra parte è rinomata la chiusura di Pyongyang nei confronti delle organizzazioni per i diritti umani). Dall’Istituto affermano di essersi basati su testimonianze dirette di alcuni “disertori”, che hanno trovato asilo in Corea del Sud (221 dei 1396 fuoriusciti l’anno scorso), confermate poi da “informatori” al di là della frontiera.
Corea del Nord: mettere in riga
Il quotidiano sudcoreano Joongang, commentando i dati, ha definito “certo” il fatto che migliaia di nordcoreani siano stati costretti ad assistere a una massiccia esecuzione (per fucilazione) di dissidenti all’interno di uno stadio, verso la fine del 2013. Pare sia stata la prima esecuzione di massa dall’ascesa di Kim Jong Un.
Stando a quanto riferiscono i media di Pyongyang nel 2014 ci sono state solo 2 esecuzioni, nel 2015 ancora nessuna. La “versione” riferita dai testimoni è, invece, molto diversa: le esecuzioni sono prassi collaudata per “mettere in riga” la popolazione. A quanto pare non sono aumentate esclusivamente le condanne a morte per “crimini contro il regime” ma anche quelle per “visione” o “distribuzione” di film sudcoreani e “traffico di droga”. Oltre ai dati sulle condanne a morte, anche quelli sui deportati in “capi di lavoro” restano opachi, mentre Amnesty International stima che circa 200mila nordcoreani al momento si trovino in carcere.