Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano, avrebbe incassato presunte tangenti per almeno “3,5 milioni di euro” all’interno di un “vasto e diffuso sistema di tangenti” che prevedeva “un fiume di denaro” per soddisfare “le sue esigenze elettorali e quelle dei Ds milanesi”. Lo ha affermato, nel corso della requisitoria del processo a Monza per il cosiddetto ‘sistema Sesto’ il pm Franca Macchia, riferendosi alle dichiarazioni «credibili» di uno dei grandi accusatori di Penati, l’imprenditore Piero Di Caterina.
Penati presente
L’ex presidente della provincia di Milano, Filippo Penati, è stato presente alla requisitoria del processo in cui è imputato con altre nove persone accusate a vario titolo di corruzione e finanziamento illecito ai partiti.
Nei suoi confronti c’è l’accusa di concussione in relazione a un giro di tangenti per le concessioni edilizie nelle aree ex Falck ed ex Marelli di Sesto San Giovanni già caduta in prescrizione.
Pm: “Penati si è opposto ad accertamento verità”
Per il pm Franca Macchia “ci è stato impedito” di portare le vicende dell’area Falck nel dibattimento “anche perché le difese si sono opposte e su questi fatti Penati si è opposto in ogni modo all’accertamento della verità, malgrado dichiari che i suoi accusatori hanno detto il falso”.
Nella fase delle indagini Penati aveva dichiarato più volte che avrebbe rinunciato alla prescrizione, ma poi quando avrebbe dovuto formalizzare la sua rinuncia in aula non si presentò davanti ai giudici che, il 22 maggio 2013, dunque, dichiararono prescritto il reato di concussione, ossia l’accusa più pesante nel processo e relativa al presunto giro di mazzette che avrebbe incassato quando era sindaco di Sesto San Giovanni per la concessione di permessi edilizi sulle aree ex Falck e Marelli. Penati, però, ha poi fatto ricorso in Cassazione contro la dichiarazione di prescrizione del reato, ma la Suprema Corte ha bocciato l’istanza. Resta imputato per corruzione e finanziamento illecito ai partiti.