Il governo ignora il Parlamento su interpellanze e interrogazioni
Disintermediare per sopravvivere. Sembra essere questo il motto di un governo, il Renzi I, che ha fatto di tweet e di slide il suo pane quotidiano. L’indirizzo politico non lo danno più le infinite riunioni di partito o le adunate in sezione con i militanti. Oggi basta un videomessaggio con lavagna alle spalle, un gelato offerto ai giornalisti stranieri o una chiacchierata con Del Debbio a Quinta Colonna. Così anche la funzione del Parlamento ne esce pesantemente ridimensionata. Basta osservare i dati sull’attività delle Camere relativi all’attuale legislatura (governi Letta-Renzi) aggiornati al mese di maggio per accorgersene.
Secondo le banche dati del Sindacato ispettivo di Montecitorio e Palazzo Madama, infatti, fino a due mesi fa su 22.622 tra interpellanze e interrogazioni parlamentari presentate nell’attuale legislatura, il governo ha risposto solo a 7.322 di queste, pari al 32,3%. Numeri che, se sviscerati ancora, mettono in rilievo quanto il governo tenda a snobbare maggiormente il Senato rispetto alla Camera. A Palazzo Madama, infatti, le risposte alle interrogazioni/interpellanze di ministri e Presidente del Consiglio sono state in tutto solo 1.333 cioè poco più del 20% rispetto alle quasi 6mila (5.968) presentate. Alla Camera il governo riesce a far meglio, ma con numeri ancora molto risicati: 5.989 risposte su 16.654 (35,9%). Eppure, proprio al Senato una maggioranza vera e propria non c’è. I numeri ballano e gli scossoni per il governo continueranno a farsi sentire soprattutto quando in aula arriveranno le riforme calde (Rai, Senato, unioni civili).
I numeri impietosi dei governi Letta-Renzi sono addirittura peggiori di quelli raccolti nella legislatura precedente. Come riportava Open Polis a fine 2014, infatti, il governo Berlusconi IV aveva risposto al 39,33% delle interrogazioni parlamentari presentate mentre il governo tecnico guidato da Mario Monti si era fermato al 29,33%.
Una situazione questa che, secondo il componente di Sel della Giunta del regolamento e dell’Ufficio di Presidenza della Camera Gianni Melilla, “impedisce ai parlamentari, tanto di minoranza quanto di maggioranza, l’esercizio di una loro prerogativa fondamentale volta ad assicurare piena trasparenza, conoscenza e controllo del complesso dell’attività dell’esecutivo”. Se aggiungiamo anche il “ricorso sistematico alla decretazione d’urgenza – ha concluso Melilla al fattoquotidiano.it – ci rendiamo conto del livello inaccettabile di limitazione dei poteri costituzionali delle Camere”.