Reato di tortura, ridotte le pene. Probabile nuovo rinvio alla Camera

reato di tortura

Un altro rimpallo. L’ennesimo. Prosegue con affanno l’iter del disegno di legge sull’introduzione del reato di tortura nel codice penale. Ieri infatti la Commissione Giustizia al Senato ha concluso l’esame del testo approvato lo scorso 9 aprile alla Camera con alcune modifiche. Ergo: se l’Aula di Palazzo Madama recepirà gli emendamenti della Commissione, il ddl dovrebbe tornare a Montecitorio per un’altra (forse l’ultima) lettura. Il disegno di legge, che assorbe più proposte provenienti da diversi gruppi parlamentari (in particolare Pd, M5S e Sel), ha iniziato il suo iter ben due anni fa e non sembra destinato ad una conclusione certa.

La proposta è stata approvata in prima lettura al Senato dopo 9 mesi tra Commissione e Assemblea (dal luglio 2013 al marzo 2014) mentre, sempre in prima lettura, la Camera ci ha messo quasi un anno per votare il testo modificato con 244 pareri favorevoli, 14 contrari e 50 astenuti.

Proprio l’approvazione in prima lettura a Montecitorio seguiva la condanna da parte della Corte europea dei diritti umani per il blitz alla scuola Diaz nella notte del 21 luglio 2001, durante il G8 di Genova. Secondo la Corte di Strasburgo l’irruzione della polizia doveva “essere qualificata come tortura”. Dopo soli due giorni la Camera aveva licenziato il testo con modifiche sostanziali e, soprattutto, pene più dure per chi commette il reato di tortura. Ieri, infine, il nuovo smacco.

Reato tortura, Le modifiche

Sono cinque gli emendamenti approvati in commissione Giustizia nella seduta di ieri, tutti proposti dai relatori Buemi (Psi) e D’Ascola (Ap).

Ridotte le pene. Rispetto al testo approvato alla Camera vengono abbassate le pene per il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che commette il reato di tortura: la minima rimane di 5 anni mentre la massima passa da 15 a 12 anni.

Agenti di polizia. Dopo le vigorose proteste dei sindacati di Polizia, viene “addolcito” il reato per gli agenti. Se, infatti, il vecchio testo prevedeva l’aggravante del reato commesso “con abuso di poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio”, ora si parla solo di commissione del reato “nell’esercizio delle funzioni” (per il pubblico ufficiale) o “nell’esecuzione del servizio” (per l’incaricato di pubblico servizio).

Tortura in carcere. Viene “contestualizzato” diversamente anche il reato di tortura in carcere per cui chi agisce “con reiterate violenze o minacce gravi” o “con crudeltà” provocando “acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza” è punito con una pena da 3 a 10 anni.

Morte per tortura. Le pene vengono riviste anche quando la tortura provoca involontariamente la morte della vittima: non più “aumentate di due terzi” ma di “anni trenta” tornando così al testo originario licenziato dal Senato. Rimane identica invece la pena all’ergastolo per tutti coloro che, tramite la tortura, uccidono volontariamente.

Respingimenti per gli immigrati. Novità anche sul fronte immigrazione. Con il nuovo comma 1-bis all’articolo 19 del testo unico sulle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione, “non sono ammessi il respingimento o l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura”.

Gli emendamenti approvati in Commissione sono il frutto delle richieste dei principali oppositori del ddl. Il 25 giugno scorso Matteo Salvini, segretario della Lega Nord, aveva definito la legge “sbagliata e pericolosa” perché “espone i poliziotti e i carabinieri al ricatto dei delinquenti”. Sul tema era intervenuto anche il ministro dell’Interno Angelino Alfano che aveva auspicato “un approccio non ritorsivo, serio e laico, sapendo che è sul campo che poi si misurano efficienze e inefficienze”.

Dopo l’ennesimo rinvio di ieri proteste invece sono giunte da Patrizia Gonnella, presidente dell’associazione Antigone. “Purtroppo era nell’aria e si capiva che la discussione si stesse incanalando nel sentiero sbagliato, fin da quando la Commissione giustizia del Senato ha audito informalmente solo i capi di tutte le forze di Polizia – ha scritto Gonnella in una nota sul sito ufficiale dell’associazione (associazioneantigone.it) concludendo con un appello al Senato affinché “approvi subito il testo più conforme possibile a quello presente all’articolo 1 del trattato Onu” e al governo per sostenere questa proposta di legge.