Unione Europea: la crisi dei valori fondanti
(in collaborazione con Mediterranean Affairs)
Oggi non si può non parlare del referendum greco, tuttavia è necessario includerlo in una cornice più ampia. Il mondo sta cambiando e questo referendum è un sintomo di una generale crisi europea: non si tratta solo di una crisi economica, dal momento che questa deriva sta investendo ogni ambito: sociale, militare, politico. È una crisi dei valori fondanti dell’Europa.
Unione Europea: pace, democrazia, solidarietà
La situazione ellenica mostra in maniera impietosa il declino dell’Unione e le sue contraddizioni: sin dall’inizio della crisi il dibattito politico comunitario è sempre stato subordinato al rigore economico e alla stabilità finanziaria. Sembra che i nostri politici abbiano dimenticato i valori alla base dell’Unione Europea: pace, democrazia e solidarietà.
Analizzando il fulcro della crisi greca, infatti, si può osservare come ormai da mesi i cittadini ellenici vengano accusati di essere colpevoli del proprio debito; ciò nonostante, io credo che il punto sia un altro: non sono stati loro a indebitarsi né a manipolare i bilanci per entrare nell’Eurozona. I loro politici l’hanno fatto, ma sono ancora liberi, nessuno di loro è finito in galera o sta pagando alcunché per i propri errori. Al contrario, sono i cittadini che stanno pagando e ne soffrono le tragiche conseguenze.
Nel 1953, i Paesi europei, Grecia inclusa, accordarono alla Germania una ristrutturazione del debito per permetterle di rimettersi in sesto, la stessa ristrutturazione che ora la Germania nega alla Grecia, culla della Democrazia. L’Unione venne fondata per creare una federazione di Paesi con un duplice obiettivo: da un lato, difenderci dall’URSS, dall’altro integrare gli Stati membri così da evitare una nuova guerra; il tutto basato sui tre valori soprammenzionati.
Unione Europea: i tre blocchi
Nonostante ciò, attualmente l’Europa appare divisa in tre blocchi: il primo, il Blocco del Nord, è composto dalla Germania e dai Paesi settentrionali, i quali esigono che la politica comunitaria si incentri radicalmente sulla stabilità economica e sulle riforme strutturali. Il secondo, il Blocco dell’Est, la cui capofila è la Polonia e risulta spaventato dalle azioni russe e, pertanto, sembra che apprezzi di più l’alleanza con gli Stati Uniti che quella con l’Europa; soprattutto, sembra preferire una situazione di alta tensione nelle relazioni con l’Orso siberiano. Infine, il Blocco del Sud, formato da Portogallo, Spagna, Francia, Italia e Grecia: un blocco senza una vera leadership, confuso e incapace di proporre una visione alternativa dell’Unione.
Dopo secoli di scontri e due Guerre Mondiali, quindi, l’Europa risulta ancora incapace di trovare interessi comuni e condividere scelte politiche di ampio respiro. È ferma e fossilizzata su un mondo che, tuttavia, non esiste più. Ogni Stato è concentrato ad agire singolarmente, senza comprendere che il mondo sta cambiando e ci sta lasciando indietro. Mentre noi siamo intenti a combatterci reciprocamente (politicamente ed economicamente), l’unipolarismo statunitense sta lentamente finendo e un altro ordine internazionale sta cercando di emergere. Nuove Potenze pretendono un posto adeguato nelle gerarchie internazionali, come la Russia, il Brasile o la Cina. E altre potenze vogliono affermarsi negli equilibri regionali, come l’Iran.
Unione Europea: le minacce e gli errori
Attualmente, la situazione dell’Unione Europea è la seguente: è minacciata dallo Stato Islamico (ISIS) e da gruppi islamisti, coltivando, allo stesso tempo, alleanze quantomeno ambigue come la Turchia, il Qatar e l’Arabia Saudita (la prima sospettata di essere compromessa con l’ISIS, la seconda e la terza sono piazze da cui vengono elargiti finanziamenti privati verso le brigate combattenti sunnite); contro qualsivoglia principio comunitario, sta supportando un governo golpista infiltrato da elementi nazisti in Ucraina; nei fatti lascia sola l’Italia a gestire un’emergenza come quella dei migranti; negozia sul TTIP senza avere la forza di promuovere e gli interessi europei e gli interessi dei cittadini europei. Un mare di problematiche, dunque, ma nessuna soluzione strategica e condivisa all’orizzonte.
Come se non bastasse, nel febbraio scorso George Friedman, direttore di uno dei più influenti think tank nordamericani (Stratfor), ha affermato nel corso di una conferenza a Chicago che il primordiale interesse degli Stati Uniti è stato per secoli, ed è ancora, di evitare qualsiasi alleanza fra la Russia e la Germania poiché sarebbe l’unica reale minaccia alla loro potenza. Nessuna risposta è giunta dalla Cancelliera Merkel, sebbene questo “primordiale interesse” geopolitico sia lo stesso da decenni, anzi, inizialmente fu di esclusiva proprietà britannica (grazie a Sir Halford John Mackinder) prima che il Regno Unito passasse il testimone di Potenza Marittima ai fratelli d’Oltreoceano.
Unione Europea: una questione di sopravvivenza
Il referendum ellenico, quindi, non riguarda solo una questione economica: tutt’altro, riguarda una “deriva europea onnicomprensiva”. Se l’UE non mostra sufficiente solidarietà verso gli Stati membri, ci si chiede come possa essere possibile trovare interessi comuni e difenderli di fronte alle sfide esterne. Uno degli assunti politici fondamentali sentenzia che uno Stato, se vuole rimanere in vita, ha il dovere di raggiungere il proprio obiettivo primario prima di potersi concentrare sugli altri.
L’obiettivo primario di un Paese è la sua sopravvivenza nel sistema internazionale, declinata nella sua sicurezza, sebbene l’Europa non sembra ancora capace di concepire una “sicurezza comunitaria”. Non una sicurezza che poggi sulla supremazia statunitense: è giunto il momento di pensare a una sicurezza dell’Europa che prescinda dagli interessi dei nostri alleati oltreoceano: lo dimostra, una volta di più, il fatto che durante il caos di Lione, Susa e in medio oriente, il Presidente Obama era assorto sulle questioni nazionali legate alla sentenza in favore dei matrimoni omosessuali.
Il referendum greco, ultima espressione di un disagio profondo dell’Unione Europea, forse contribuirà ad aprire un nuovo capitolo nel processo comunitario, sperando che possa aiutare i nostri leader e politici a trovare la forza e la volontà di rifondare l’Unione Europea, finalmente, in base agli interessi comuni dei suoi Stati membri.
Paolo Corbetta
(Mediterranean Affairs – Contributing editor)