American Graffiti: il nostalgico ritratto della gioventù degli anni ’60
Altro lunedì, altra corsa, altro film. Lunedì 28 ottobre il Rouge et Noir di Palermo propone un altro classico: American Graffiti. Due le proiezioni, una doppiata e una in lingua originale, per consentire a chiunque la visione dei film offerti. Solita tariffa: 3 euro per gli under 30; 4 per gli over.
La pellicola del 1973 è diretta e co-sceneggiata da un giovane George Lucas e prodotta da Francis Ford Coppola, quattro anni prima della fortuna avuta con l’uscita di Guerre Stellari. Il film è un omaggio del regista alla gioventù dei ragazzi degli anni ’60, non ancora quella degli Hippy o della guerra in Vietnam. Ci troviamo ancor prima dell’assassinio di J.F.Kennedy, che viene citato durante la storia.
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American Graffiti: la frenesia di una notte
Curt Henderson, Steve Bolander, John Milner e Terry Fields, sono quattro amici che si incontrano nel parcheggio del Mel’s Drive-In per l’ultima serata insieme: Steve e Curt l’indomani partiranno per il college, mentre John e Terry resteranno a casa. Steve sembra sicuro della sua scelta: lasciare la piccola cittadina in cui vive, mentre Curt è pieno di dubbi. La notte comincia e passa interminabile, a suon di musica, corse in auto, feste, risse, furti e reati vari e in compagnia di Lupo Solitario, Speaker instancabile. Ma quante ore ci sono in una notte? E quanto può accadere in una manciata di ore?
Un ritmo frenetico, scandito da una colonna sonora composta da 44 pezzi che si susseguono senza soluzione di continuità, forse in maniera volutamente esagerata, per rendere al meglio l’atmosfera secondo il punto di vista del regista. Chuck Barry, The Beach Boys, The Platters, sono solo alcuni dei nomi che si possono fare, con riferimento agli autori delle canzoni e musiche, struttura fondante del film.
La storia di una lunga notte, tra corse, sogni e paure
Ma andiamo alla storia. La vicenda comincia di sera, per poi addentrarsi nella frenesia della notte, nella mente dei ragazzi, in attesa e alla ricerca di qualcosa, come John di Bob Falfa – interpretato da un sempre apprezzabile, ma qui anonimo, Harrison Ford – rivale con cui gareggerà all’alba sulla Paradise Road. I ragazzi vagano con le auto in giro per la città, in balia dei propri dubbi, del pensiero all’avvenire o con un obiettivo chiaro in testa: Curt, ammaliato da una ragazza bionda alla guida di una Ford Thunderbird, cercherà disperatamente di conoscerla; Terry proverà in tutti i modi a conquistare la ragazza “abbordata” grazie alla macchina di Steve; John, dopo aver instaurato un’inattesa amicizia, affronterà un forestiero in attesa di gareggiare contro di lui; Steve cercherà di salutarsi nel migliore dei modi e senza sofferenza da Laurie, sua ragazza prima di andarsene via dalla cittadina di provincia. Poi, però, subentra altro e il ragazzo diventa uomo, in una notte. La rissa nel caso di Terry, l’incidente possibilmente mortale di Laurie, in auto con Bob Alfa durante la gara, nel caso di Steve, sono due eventi che turberanno e cambieranno i due.
L’amore porta Steve a cambiare idea e a decidere di non partire, di restare nella cittadina noiosa e chiusa che tanto rifiuta. Una disillusione, o la semplice delusione, ed ecco che i dubbi di Curt spariscono. Di colpo non ha nulla e deve avere altro. Occorre partire. Con il sopraggiungere del giorno confusione e frenesia svaniscono. All’aeroporto Curt saluta gli amici. Sull’aereo in fase di decollo, guardando giù verso la strada sorride vedendo una piccola Ford Thunderbird bianca.
Nella notte tutto si disfa e tutto si ricompone e dopo la lunga notte si arriva al giorno, lasciando indietro i sogni.
Perché vedere American Graffiti?
American Graffiti è un film per tutti i nostalgici degli anni ’60, alleggerito da qualunque riferimento storico-politico. È una storia che sceglie di trattare tematiche più relegate al singolo individuo – cosa farò e sarò – e a un argomento sempre attuale: l’andar via da casa, una scelta che può sembrare tanto semplice e apprezzata dal ragazzo o dalla ragazza in questione, ma che in realtà non lascia mai l’animo tranquillo. American Graffiti può essere considerato un po’ come La linea d’ombra di George Lucas: ma lasciarsi alle spalle la gioventù, come mostra il film, non è così semplice.