Dopo l’ennesimo rinvio dell’udienza in cui la Corte suprema di New Delhi era chiamata ad esaminare il ricorso dei due fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sembrerebbe esserci un importante colpo di scena in una questione che tiene in bilico i rapporti diplomatici tra i due Paesi da ormai tre anni.
In una lettera inviata il 13 marzo 2013 ai membri del governo dal capo gabinetto del Ministro della Giustizia, Paola Severino, si sottolineava come i due marò non solo non sarebbero mai dovuti andare in India, ma anzi sarebbero dovuti tornare il prima possibile nel nostro Paese per evidenti violazioni di principi costituzionali tutelati tanto dall’ordinamento italiano quanto da quello europeo.
I particolari della lettera
In primo luogo, nella lettera si legge che “l’impegno assunto dallo Stato italiano dal nostro ambasciatore era espressamente condizionato al rispetto dei principi fissati dalla nostra Costituzione. La costituzione di un “tribunale speciale” da istituirsi post-factum e per di più con atto di cui non è conosciuta la fonte – continua la lettera – appare in contraddizione con il dettato dell’art. 25 della nostra Carta costituzionale, il quale richiede che il giudice sia pre-costituito per legge. Di conseguenza, l’esercizio della giurisdizione da parte di tale tribunale speciale, senza regole processuali predefinite per legge, contrasta con il principio generale di giusto processo (art. 111 Cost. e art. 6 CEDU) posto a tutela dei fondamentali diritti della difesa e dell’accusato”.
Inoltre, nel prosieguo della lettera si legge anche che “la legge indiana prevede, per il reato contestato, la pena capitale. Tra i diritti fondamentali che la corte europea dei diritti dell’uomo ha proclamato come inderogabili in senso assoluto, vi sono quelli del diritto alla vita (art. 2 CEDU) e del divieto di trattamenti inumani e degradanti (art. 3 CEDU). È superfluo ricordare che tali diritti trovano protezione assoluta anche nella nostra Costituzione; di conseguenza, dalla restituzione dei due marò, oltre alla violazione di principi fondamentali del nostro ordinamento, deriverebbero anche responsabilità a carico dello Stato italiano per violazione della convenzione europea dei diritti dell’uomo”.
Pertanto, l’atteggiamento adottato dalla giustizia indiana nel caso in esame, sarebbe in contrasto con alcuni tra i più importanti diritti oggetto di tutela da parte dell’ordinamento italiano ed europeo.
Allora la domanda sorge spontanea: perché la questione è ancora aperta e Salvatore Girone è ancora in India?
L’ex ministro Terzi: “Malaffare e interessi economici privilegiati rispetto a sicurezza nazionale”
“Il malaffare e gli interessi economici vengono privilegiati rispetto alla sicurezza nazionale. Il governo Renzi continua a cercare soluzioni sottobanco. Sono stati violati i diritti umani e la Costituzione”: così ha affermato stamane l’allora ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata, ai microfoni della trasmissione radiofonica “Il mondo è piccolo”.
“Non è immaginabile che l’Italia possa mandare in India dei cittadini italiani per un processo, sapendo che nell’ordinamento indiano è prevista la pena di morte. Io so che è in circolazione un documento del Ministero della Giustizia nel quale, a nome del Ministro della Giustizia dell’epoca, veniva detto che l’Italia non poteva rispedire i Marò in India perché altrimenti avrebbe violato Costituzione e diritti umani”.
Un Giulio Terzi senza freni, dunque, quello che ha parlato stamane ai microfoni radiofonici della trasmissione.
“Quando Monti andò al Senato a riferire delle mie dimissioni – ha affermato – si è riferito a degli interessi economici che dovevano essere tutelati e che andavano aldilà dell’esigenza di salvaguardare la sicurezza e la posizione dei nostri due militari. La natura di questi interessi è intuibile, ma non è mai stata spiegata apertamente dal presidente del Consiglio e dal ministro dello sviluppo economico. Mi ha scioccato dover constatare quanto il malaffare e le considerazioni sommerse di un’economia che non è trasparente possano influire sulla sicurezza e sulla politica estera del nostro Paese. Si è parlato ad esempio di interessi legati al commercio dell’amianto con l’India. I Governi Letta prima e Renzi poi hanno commesso l’errore di continuare a trovare delle soluzioni sottobanco, delle vie compromissorie nascoste, dei “do ut des” inconfessabili che risolvessero la situazione, anziché proseguire per la strada maestra dell’attivazione dell’arbitrato obbligatorio che era già stata presa a metà marzo 2013».
Francesco Ferraro