Srebrenica: disposta per domani giornata di lutto nazionale in Bosnia. Attese più di 50 mila persone nella cittadina. Intanto la Russia dice “no” all’uso della parola genocidio.
Srebrenica: vent’anni dopo
Sabato 11 luglio decorrerà il ventennale del massacro di Srebrenica, una delle pagine più tristi della moderna storia Europea. Più di 8000 uomini e ragazzi musulmani furono uccisi dalle forze serbo-bosniache con un’offensiva durata 5 giorni. Il governo bosniaco ha disposto una giornata di lutto nazionale nell’intero stato federale e nella cittadina ad est della Bosnia sono attese oltre 50mila persone con la partecipazione di numerosi leader e rappresentanti internazionali (85 tra Capi di Stato e di governo), tra i quali l’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton che guiderà la delegazione americana.
Il 9 luglio del 1995 le milizie serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladic diedero inizio all’offensiva nei confronti di Srebrenica. Qualche mese prima una risoluzione Onu aveva dichiarato la città zona protetta ponendola sotto la tutela delle Nazioni Unite. In essa avevano trovato rifugio moltissimi bosniaci musulmani costretti a fuggire dal territorio circostante. L’11 luglio le truppe serbe conquistarono l’enclave di Srebrenica, separarono gli uomini dalle donne e procedettero ad esecuzioni di massa (8372 il numero dei morti, imprecisato il numero dei dispersi) seppellendo i corpi in varie fosse comuni. Le forze Onu, circa 600 caschi blu olandesi, non intervennero perché militarmente non preparati ad affrontare un attacco del genere; le ragioni però non sono mai state chiarite fino in fondo e il mancato intervento ebbe forti ripercussioni in Olanda con l’intero governo costretto alle dimissioni.
Srebrenica: una ferita aperta
A vent’anni dal massacro ancora oggi si discute su se quello che è accaduto a Srebrenica possa essere definito genocidio. Nonostante di questo vi sia piena consapevolezza nell’opinione pubblica e riconoscimento ufficiale perché la parola è stata espressamente utilizzata in una sentenza del Tribunale Penale Internazionale del 2004 non mancano le ombre. La Corte ha sostenuto che quello che avvenne fu genocidio ad opera di singole persone negando una responsabilità diretta della Serbia; ancora oggi però molti dei responsabili restano impuniti e lo stesso Mladic non è stato ancora condannato.
A tutto questo deve aggiungersi quello che è accaduto pochi giorni fa con la Russia che ha posto il veto alla risoluzione Onu che definiva il massacro di Srebrenica “genocidio”. Il no della Russia non è arrivato completamente inaspettato vista la vicinanza politica del governo di Mosca ai serbi; secondo l’ambasciatore Vitaly Churkin la risoluzione sottoposta al voto era “non costruttiva, provocatoria e politicamente motivata”. La scelta è stata accolta con favore a Belgrado dal presidente Tomislav Nikolic; “La Russia ha dimostrato di essere un amico vero e sincero della Serbia” ha dichiarato. Degli altri paesi con potere di veto Usa, Gran Bretagna e Francia avevano espresso parere favorevole, mentre si era astenuta la Cina. Dopo vent’anni la riconciliazione nei Balcani sembra ancora lontana e l’equilibrio si fonda un filo sottilissimo che rischia di spezzarsi in qualsiasi momento.
Stelio Pagnotta