Quando è stata la Germania a fare le sue riforme
Dopo l’accordo tra la Grecia e i suoi creditori, da alcuni definito “umiliante”, il Paese ellenico è stato costretto a firmare l’impegno di realizzare alcune riforme con un voto in Parlamento veloce e senza tentennamenti.
Abbiamo già visto come la gran parte delle riforme richieste siano l’adeguamento a standard già presenti del resto in altri Paesi d’Europa.
E quali siano le condizioni dell’economia, degli stipendi e delle pensioni dei Paesi dell’Est più poveri che si opponevano a un aiuto “facile” alla Grecia.
E la capofila dei “falchi”, come i media amano definire la Germania?
Germania, le riforme di Schroeder (e Merkel)
Naturalmente le condizioni della Germania non sono mai state paragonabili a quelle della Grecia, ma dopo l’unificazione si era in effetti assistito al peggioramento di alcune condizioni strutturali dell’economia, prima di tutto la disoccupazione, che se da un lato risentiva di condizioni congiunturali, a livello strutturale presentava dei continui peggioramenti: scendeva sempre meno nelle congiunture positive, e saliva sempre di più in quelle negative.
Fino a superare il 10% nel 2003, all’epoca della stagnazione quando addirittura la Germania sforò il 3% e le fu condonato questa violazione dei trattati di Maastricht, episodio che viene costantemente ricordato da chi si oppone all’applicazione rigida dei parametri.
E tuttavia fu proprio in quell’occasione, anche come riparazione per quello strappo, che furono varate riforme che altrove in Europa non furono imitate se non 6 anni dopo durante la grande recessione.
E che sono alla base della diversità tedesca, della crescita della Germania negli anni di crisi in contrasto con la fatica dei PIIGS.
I provvedimenti più importanti furono le cosiddette riforme Hartz, dal nome di Peter Hartz, dirigente delle risorse umane della Volkswagen, consulente del governo Schroeder, e che cambiarono il sistema di sussidi, assistenza sociale, e aiuto al reimpiego.
Hartz I fu la prima misura del 2003 che riformò il sistema di ricerca del lavoro, con la fondazione dei Personal Service Agenturen, PSA, più agenzie anche temporanee per migliorare il ricollocamento al lavoro e la formazione dei disoccupati, e allo stesso tempo cambiando alcune regole, per esempio rovesciando l’onere della prova per giustificare un rifiuto di un’offerta lavorativa, che ora cade sulle spalle del disoccupato. Inoltre fu tolto il limite di 24 mesi al lavoro temporaneo e fu tolto l’obbligo di uguale paga tra lavoratore fisso e temporaneo
Hartz II pochi mesi dopo creò maggiori incentivi e finanziamenti per il disoccupato perchè diventi imprenditore o lavoratore autonomo, e allo stesso tempo ci fu l’estensione dei famosi mini-jobs, lavori di poche ore la settimana, che già esistevano, e la cui remunerazione fu aumentata a 400€ per i mini-jobs e 800€ per i midi-jobs (450€ e 850€ nel 2013), in base al livello e alle ore di lavoro. Questi contratti sono senza obblighi contributivi per il lavoratore, ma con contributi più alti per i datori di lavoro (28% invece del 20%).
Hartz III ha ristrutturato le agenzie per il lavoro tedesche, dando più autonomia locale, aumentando il rapporto consulenti per il lavoro – disoccupati in cerca, e rendendo più rigide le condizioni per i benefit di disoccupazione.
Hartz IV fu la misura più controversa e contestata, fu varata dopo, nel gennaio 2005, e consisteva nell’unificazione di due sussidi, quello di disoccupazione di lungo periodo, e il welfare benefit. Prima della riforma al pieno sussidio di disoccupazione (che consisteva nel 60-67% del precedente salario) e durava 12-36 mesi a seconda dell’anzianità e di altre condizioni, seguiva un sussidio di lungo periodo, consistente nel 53-57% del salario, che veniva associato al sussidio sociale di base. Ora sono stato uniti in un emolumento che in realtà corrisponde all’incirca al solo welfare benefit, di 391€ al mese nel 2013, cui naturalmente viene aggiunto quanto necessario per l’alloggio e la sanità e ulteriori sussidi in caso di figli e persone a carico.
Il punto fondamentale è però la scomparsa del sussidio di disoccupazione di lungo periodo, e le strette condizioni per l’accesso a quello che ora è una sorta di reddito minimo garantito.
Le condizioni però, come avevamo già osservato, sono molto stringenti, si tratta di un assegno che viene vincolato alla ricerca di lavoro, e i beneficiari sono sottoposti a controlli costanti anche a sorpresa che possono portare a corpose riduzioni dell’erogazione nel caso in cui si accerti la volontà di non trovare una nuova occupazione. Il beneficiario, che firma un contratto legale che lo obbliga alla ricerca e all’accettazione del lavoro, non deve avere risparmi superiori a 13 mila€ e l’assegno viene erogato solo una volta consumato questo eccesso
Non solo, con quella riforma e quella successiva del 2006 fu modificata anche la durata dell’assegno di disoccupazione principale, quello che segue alla perdita del lavoro, e fu limitato a 12 mesi, 15 mesi per gli over 50, 18 mesi per gli over 55 e 24 mesi per gli over 58. Come si vede di seguito fu una netta riduzione per varie fasce d’età, soprattutto i più anziani:
Gli effetti delle riforme in Germania
Come sappiamo il primo effetto di queste misure, forse anche oltre le aspettative, è stata la moderazione salariale, con un costo del lavoro che in Germania è addirittura calato negli anni successivi alle riforme, per salire successivamente mentre in Europa scoppiava la bolla del debito privato e pubblico ed erano i loro salari a diminuire:
Di seguito vediamo un grafico simile con le proiezioni per il 2016, il costo del lavoro, normalizzato al 2000, nonostante la crescita, neanche il 2016 pareggerà il livello dei salari in Grecia, che rimarranno relativamente superiori nonostante tutto quello che è accaduto nel frattempo:
Di conseguenza l’occupazione è aumentata e la disoccupazione diminuita, ne abbiamo già parlato, basti solo osservare i dati in paragone con altri Paesi, tra cui gli USA, e la media dell’eurozona. La divergenza è totale:
Ma soprattutto è l’aumento dell’occupazione la caratteristica dominante del fenomeno tedesco, e in particolare dell’occupazione tra gli anziani:
Anceh in Italia, dopo le riforme del lavoro c’è un fenomeno simile, ma molto minore. Nel caso tedesco invece sono state le dure riforme Hartz a rendere meno conveniente per gli ultra 50enni rimanere disoccupati con un sussidio indeterminato al 50%-60% dell’ultimo stipendio come ponte verso la pensione, come accadeva in precedenza.
Gira la leggenda che sia solo grazie ai minijobs questi che la Germania ora può vantare tassi di occupazione così alti, tuttavia i dati ci dicono che a salire furono solo i mini-jobs associati ad altri impieghi remunerati, da 840 mila a 2,53 milioni di persone tra il 2004 e il 2011.
Al contrario i mini-jobs puri sono saliti nello stesso periodo solo di 80 mila, rimanendo sotto i 5 milioni.
L’aumento di occupazione tedesco è stato quindi costituito da aumenti di contratti di lavoro a tempo pieno.
Le riforme come queste e altre anche in Germania provocarono manifestazioni, scissioni politiche dalla SPD, tensioni, ma ci dicono che nessuno dei Paesi che ora chiedevano alla Grecia un allineamento agli standard europei è in realtà sfuggito a suo tempo a duri aggiustamenti. Certo, sono le tempistiche diverse, la Germania è stato il primo Paese a intraprenderli, in un periodo di espansione mondiale, prima della grande recessione del 2008-09, dopo cui tutto sarebbe stato più difficile, come noi italiani sappiamo bene.