Sembrano essere loro i veri ministri del lavoro e della previdenza sociale, e non Poletti, a vedere dall’attivismo sul tema pensioni e in effetti uno, Damiano, dovrebbe diventare nel prossimo rimpasto il viceministro allo sviluppo.
Boeri rimane al proprio posto di presidente dell’INPS, e come il rivale della sinistra PD non lesina piani per cambiare il sistema pensionistico dopo la riforma Fornero
Riforma delle pensioni, le idee di Boeri
Il presidente dell’INPS ipotizza una riforma che sia riassumibile in 5 punti:
Rete di Protezione Sociale: l’introduzione di una rete di protezione sociale per i disoccupati dai 55 anni in su.
Chi si trova in queste condizioni potrà contare su altre prestazioni assistenziali al termine dei sussidi di disoccupazione. Si potrà quindi ovviare a un difetto delle precedenti riforme, quello di non prevedere prestazioni minime per chi non ha altri redditi e ha accumulato un montante contributivo troppo basso per garantirsi una pensione al di sopra della soglia di povertà.
Stop alle ricongiunzioni onerose. I lavoratori che hanno avuto carriere discontinue nell’arco della vita lavorativa potranno quindi cumulare gratuitamente gli spezzoni contributivi presenti in piu’ gestioni per acquisire un’unica prestazione previdenziale sia di vecchiaia che anticipata. La proposta, sostiene Boeri, non rende più necessarie le ricongiunzioni onerose che hanno penalizzato i lavoratori più mobili e quelli con vincoli di liquidità.
Armonizzazione. Boeri vuole colpire i privilegi di cui attualmente godono alcuni comparti di ex-lavoratori con l’introduzione un contributo di solidarieta’ per gli assegni pensionistici piu’ elevati i cui risparmi saranno utilizzati per finanziare le pensioni flessibili. Per esempio i vitalizi dei Parlamentari: “si tratta di pensioni che sono state sottratte alle riforma previdenziale degli ultimi 25 anni” che dovranno essere rivisti.
Non si va in pensione ma si prende la pensione. Boeri intende consentire anche a coloro che hanno già la pensione di poter continuare a versare o farsi versare i contributi per incrementare l’assegno maturato. Ad esempio il datore di lavoro potrà versare dei contributi aggiuntivi all’ex-dipendente per garantirgli nel tempo un assegno piu’ elevato.
Pensione Flessibile. E’ il punto centrale della Riforma. Tutti i lavoratori potranno andare in pensione prima accettando un assegno calcolato con il sistema contributivo. Mettendo in conto quindi una riduzione dell’assegno. Per Boeri si tratta dell’unica ipotesi sostenibile per i conti pubblici e soprattutto equa perchè non grava sulle generazioni future a differenza dei vari progetti di legge depositati in Parlamento, come quello di Damiano che vediamo di seguito, che mirano a reintrodurre, con varie sfumature, le pensioni di anzianità a partire dai 62 anni e 35 anni di contributi.
Riforma delle pensioni: la versione di sinistra di Damiano
Damiano, già celebre per l’abolizione dello scalone Maroni ai tempi del governo Prodi, ha idee un po’ diverse:
Vorrebbe permettere a tutti coloro che soddisfassero il requisito minimo di 35 anni di contributi ed un assegno pari ad almeno 1,5 volte quello sociale di andare in pensione anticipatamente, perdendo il 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 66 anni di età pensionabile sino ad arrivare ad un taglio dell’ 8% per chi va in pensione a 62.
Chi resta di più al lavoro guadagna invece 2 punti percentuali ogni anno lavorato sino a toccare un bonus dell’8% per chi arriva 70 anni.
Naturalmente la reazione di Boeri non si è fatta attendere, per lui è una ipotesi improponibile, che richiederebbe 10 miliardi di esborso, in quanto naturalmente quell’8% non coprirebbe certo la perdita di contributi versati e la maggiore durata dell’erogazione delle pensione. Per avere saldi invariati la decurtazione dovrebbe essere circa del 30% invece!
Damiano risponde “A Boeri rivolgo la stessa accusa che lui rivolge alla Camusso quando sostiene che parlare di un taglio del 35% serve solo ad ammazzare la sua proposta. Allo stesso modo io dico che sparare la cifra di 10 miliardi serve solo per ammazzare la mia” facendo notare che solo una parte dei potenziali beneficiari in realtà sceglierebbe di andare in pensione effettivamente a 62 anni e dichiarando che in questo modo si risolverebbe anche il problema esodati e che è aperto a modifiche.
Si nota però il silenzio di chi veramente dovrebbe avere voce in capitolo alla fine, ovvero Renzi e il ministro Poletti