Il chiacchieratissimo crocifisso con falce e martello che Evo Morales ha regalato a papa Bergoglio durante la sua visita sudamericana in Ecuador, Bolivia e Paraguay ha sollevato – come d’altronde i più lungimiranti si aspettavano – alcune polemiche. Francesco ha fatto ritorno in Vaticano solo ieri e, naturalmente, quel crocefisso lo ha portato con sé. “Per me non è stata un’offesa. Ho lasciato alla Madonna di Copacabana l’onorificenza che mi ha dato il presidente, ma il Cristo lo porto con me”, ha spiegato il pontefice durante la conferenza stampa tenutasi durante il volo che lo riportava in Italia.
Ad aver commentato con estrema stizza e sdegno il gesto del presidente boliviano e, di conseguenza, anche quella del papa, è stato il leghista Matteo Salvini, il quale ha dichiarato ai microfoni di Rtl 102.5: “Io non sono rimasto incuriosito, sono rimasto schifato. Perché nel nome di quella falce e di quel martello, in nome del comunismo sono morti milioni di persone nel mondo e tantissimi cristiani, uomini di chiesa, frati, suore, parroci”.
Il leader del Carroccio ha poi nuovamente polemizzato contro il Santo Padre aggiungendo: “Adesso va bene tutto, però sorridere, rivendicare, “me lo porto a casa” è un’offesa a chi in nome di quel simbolo ci ha lasciato la vita. Il comunismo nel mondo ha fatto più crimini del nazismo. Io non sono qui col bilancino a dire era peggio Hitler o era peggio Stalin: erano uguali. Però vederlo accostato a Nostro Signore, ma lo dico da ultimo dei buoni cattolici, da primo dei peccatori, mi ha dato veramente fastidio“.
Ciò che però Salvini non conosce – al contrario del pontefice – è la storia celata dietro quel crocefisso: il Cristo con falce e martello è un’opera che il padre gesuita Luis Espinal Camps disegnò prima di venire ucciso il 22 marzo 1980 durante la dittatura in Bolivia. Bergoglio, sempre durante la conferenza stampa ad alta quota, ha spiegato che il periodo in cui venne ucciso il suddetto gesuita “era un tempo in cui la teologia della liberazione faceva anche l’analisi marxista della realtà” e che egli era “entusiasta di questa analisi”.