Nucleare Iran: era prevedibile la reazione israeliana all’accordo di Vienna. Tel Aviv è rimasta profondamente delusa dai risultati del negoziato condotto dall’amministrazione Obama con il governo di Teheran.
Nucleare Iran: Israele prepara le difese
Netanyahu, il premier israeliano, ha definito l’accordo un “errore storico per il mondo”, sostenendo che la fine delle sanzioni sinora imposte all’Iran porterà un enorme afflusso di denaro nelle tasche del terrorismo internazionale, guidato, a detta dell’intelligence israeliana, proprio da Teheran.
Tuttavia, il governo di Tel Aviv lascia intendere che l’accordo di Vienna non influenzerà minimamente la politica israeliana nei confronti di Teheran. Il ministro della difesa Moshe Yaalon avrebbe usato l’espressione “continuiamo a prepararci alla nostra difesa”, volendo così ricordare al mondo intero che nessuna opzione è esclusa.
Nucleare Iran: il ruolo dell’intelligence
Se da un lato, infatti, Israele tenterà, senza ombra di dubbio, di convincere il Congresso a votare contro l’accordo, nonostante Obama si sia dichiarato pronto a utilizzare il potere di veto, dall’altro non appare improbabile che Tel Aviv, servendosi del capillare apparato di intelligence su cui può fare affidamento, possa tentare in futuro di convincere l’amministrazione americana del fatto che l’Iran non rispetterà gli accordi, a costo di fabbricare ad arte delle prove che depongano contro Teheran. Questa seconda opzione appare, sicuramente, più verosimile della precedente, dato che convincere il Congresso a votare contro l’accordo significherebbe convincere un gran numero di Democratici a votare contro il proprio presidente.
Resta, infine, aperta l’opzione militare, che, sino ad ora, il presidente degli Stati Uniti, Obama, è riuscito a scongiurare, opponendosi ad ogni proposta di intervento contro i siti nucleari iraniani.
Tali scenari sono stati ventilati dal professor Gerald Steinberg, analista presso il centro BeSa di studi strategici di Tel Aviv, molto vicino alla destra israeliana.
Nucleare Iran: propaganda allarmista
Ma la voce contro il nucleare iraniano si solleva anche da altre fette del mondo politico. I labouristi e lo Yesh Atid hanno duramente criticato la gestione, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, del dossier sul nucleare iraniano e la gestione dei rapporti con l’amministrazione Obama, e hanno evocato toni catastrofici con riferimento all’accordo di Vienna.
Ma la paura, grazie anche alla sistematica campagna allarmista condotta dai media israeliani, è diffusa anche tra l’opinione pubblica che, non di rado, descrive un imminente sterminio di massa come ipotetico scenario futuro.
Nucleare Iran: limitare i rischi
D’altro canto, Obama ha sottolineato la mancanza di una proposta alternativa da parte dello Stato di Israele, difendendo l’accordo di Vienna come l’unica via possibile per limitare il rischio che l’Iran costruisse ordigni nucleari. Allo stesso tempo, il presidente statunitense si è detto determinato a rafforzare la capacità militare di Israele onde controbilanciare gli effetti che l’accordo di Vienna sarebbe capace di produrre sugli equilibri geopolitici nella mappa del Medio Oriente.
Nucleare Iran: non più soli
Appare, infatti, lampante il movente che giustifica il comportamento di Tel Aviv a fronte dell’accordo di Vienna. La vera preoccupazione di Israele risiede nella perdita del ruolo egemonico sino ad ora da esso rivestito nel contesto mediorientale. Se, infatti, fino ad ora, Israele aveva fatto ricorso alla c.d. Sampson Option, la minaccia di attaccare, per mezzo del proprio arsenale nucleare, i nemici confinanti, onde ricevere aiuti militari, finanziamenti e intelligence dagli USA, questa opzione risulterà, d’ora in poi, radicalmente ridimensionata, per un verso, dalla riabilitazione dell’Iran come valido partner diplomatico degli USA, per altro verso, dalla possibilità che in futuro – 10–15 anni secondo gli analisti israeliani – Teheran produca la bomba nucleare, così da poter controbilanciare il potere di Tel Aviv nell’area.
Non si dimentichi, infine, il ruolo di organizzazioni come Hezbollah e Hamas. Con la riabilitazione di Teheran sulla scacchiera internazionale, sarà molto più complicato per Israele attaccare indiscriminatamente le roccaforti dei due gruppi in Libano e a Gaza.