Nucleare Iran: le legittime paure di Israele
Nucleare Iran: dopo anni di colloqui, prima celati poi rivelati, si è concretizzato l’ accordo sul programma nucleare di Teheran. Ancor prima di comprendere se questo accordo funzionerà o meno, esso è stato inevitabilmente definito “storico”.
Tale descrizione è dovuta al fatto che, come suggerisce l’ISPI “ l’intesa rappresenta un potenziale nuovo inizio per le relazioni tra Teheran e Washington, drasticamente interrotte nel 1979 all’indomani della rivoluzione iraniana e della crisi degli ostaggi”, quest’ultime portate egregiamente sul grande schermo da Ben Affleck con il suo film “ Argo”. Numerosi commentatori, riferendosi all’accordo, hanno preferito definirlo più che “ storico”, confuso.
Nucleare Iran: le ispezioni
Di fatti uno dei temi più irrisolti è rappresentato dal controllo con le ispezioni. Il Leitmotiv del Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, è che “l’accordo è basato sulle verifiche e non sulla fiducia” . Tuttavia, se l’obiettivo del 5+1 ( i membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu più la Germania) è quello di non permettere all’Iran di produrre materiale nucleare per la fabbricazioni di ordigni atomici per i prossimi dieci anni e di favorire per almeno 25 anni di ispezioni internazionali nei siti, l’efficienza del mezzo di verifica appare discutibile.
Infatti, il protocollo addizionale del trattato di non Proliferazione prevede che Teheran si impegni a garantire l’accesso degli ispettori internazionali a qualsiasi istallazione entro 24 giorni dalla richiesta di ispezioni. Non solo è un tempo abbastanza lungo, ma l’Iran può sollevare riserve alle ispezioni e sottoporle a una sorte di corte di arbitrato, formata dall’Unione Europea, dal 5+1 e dalla stessa Iran. La “commissione” si riunirà per studiare la questione due settimane dopo la richiesta e deciderà in sette giorni. Insomma, i tempi sono dilatati.
Nucleare Iran: le paure israeliane
A ciò si connette la legittima paura di Israele la quale, dopo aver bollato l’accordo come un “ errore storico” ha già fatto sapere , per mezzo del premier Benjamin Netanyahu, di non sentirsi vincolata all’accordo e che si appresta a difendersi. Un Iran nuclearizzato è “il più grande pericolo che Israele abbia mai affrontato in settant’anni, da quando nel 1948 mezzo milione di ebrei sconfissero gli eserciti arabi” racconta al Foglio Yossi Klein Halevi, intellettuale americano simbolo dell’intellighenzia israeliana.
A Klein Halevi fa eco Ron Ben Yashi, celebre corrispondente militare Israeliano il quale annuncia che “Israele si sta preparando all’opzioni militare, acquistando armi avanzate e potenziando le proprie capacità”. Non è un caso, dunque, che Israele ha chiesto alla statunitense Lockheed-Martin, azienda attiva nel settore della difesa che produce F35, di aumentare del 30% l’autonomia di volo, per coprire 1500 km, più o meno la stessa distanza tra Gerusalemme e Teheran.
Nucleare Iran: la propaganda anti-israeliana
Anche se ai più risulta poco realistica l’ipotesi d un attacco nucleare iraniano nei confronti di Israele, il timore di quest’ultima è giustificato da una serie di dichiarazioni da parte dell’establishment iraniano. Qualche giorno prima dello storico accordo, l’ex presidente dell’Iran, l’ayatollah Hashemi Rafsanjani, aveva azzardamene affermato che “Israele è un falso stato temporaneo e che presto sarà cancellato. Quando e come accadrà dipende da alcune condizioni che stanno cambiando rapidamente”. Non è ben chiaro se l’ayatollah si riferisse proprio all’accordo sul programma nucleare. A frugare ogni dubbio ci ha pensato l’attuale capo dell’Agenzia atomica iraniana, il quale ha garantito che Israele “ è troppo piccolo per sopravvivere a una settimana di guerra”.
Molti hanno giustamente fatto notare che la propaganda anti-israeliana costituisce parte integrante della vita quotidiana iraniana. Tuttavia una cosa è indire un concorso internazionale di vignette sul tema del negazionismo, o produrre un app dove il giocatore è invitato a bombardare Haifa, un’altra è stipulare un accordo che non solo legittimerà il regime iraniano a livello internazionale, ma porterà miliardi di dollari nelle casse di Teheran.
Nucleare Iran: nessuna alternativa all’accordo
Come saranno utilizzati questi fondi è spiegato dall’ ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, Ron Dermer, il quale dalle colonne del Washington Post, afferma che “ è improbabile che quei miliardi siano spesi per nuovi centri di ricerca sul cancro a Teheran . Invece, decine di miliardi è probabile che affluiranno le milizie sciite in Iraq, il regime di Assad in Siria, gli Houthi nello Yemen, Hezbollah in Libano, i gruppi terroristici palestinesi a Gaza e altri proxy terroristici iraniani nella regione”. Di fatti, come fa notare Armando Sanguini, già Ambasciatore d’Italia in Tunisia e Arabia Saudita, l’accordo “ricolloca l’Iran tra gli assi portanti dell’equilibrio di un’area tanto tormentata quanto di nevralgica importanza sia sulla direttrice est-ovest (Medio Oriente-Asia) sia su quella nord-sud (Eurasia-Golfo Persico)”.
Ed è questo il vero timore, non solo di Israele, ma di tutti gli altri attori presenti nel complesso quadro medio-orientale. Probabilmente siamo vittime di quello che Il Foglio definisce “obanismo mai sopito che serpeggia specialmente in Italia e in tutta l’Europa”, per cui siamo quasi infastiditi dalle reazioni di Israele, sproporzionate e legittime allo stesso tempo. Il già Ambasciatore d’Italia in Iran (2003-2008) e in India (2008-2010), Roberto Toscano insiste sul fatto che non c’erano alternative, che probabilmente il regime iraniano costituisce “oggi un pericolo di destabilizzazione regionale molto minore di quanto non sia il caso per lo Stato Islamico”, ma ciò non risulta sufficiente a giustificare una imprudente sottovalutazione delle paure di Israele, la quale volenti o nolenti, resta un fondamentale alleato in una regione talmente destabilizzata che è diventata una vera e propria polveriera.
Francesco Migliore