Con il consueto solenne giuramento, ha preso forma stamattina un rinnovato esecutivo greco. Un rimpasto notevole (10 fra ministri, viceministri e sottosegretari) resosi necessario, per il premier Alexis Tsipras, dal venir meno della condivisione di intenti circa il nuovo piano di aiuti alla Grecia proposto dal governo Merkel e approvato venerdì dal Bundestag.
A congedarsi dall’esperienza di governo sono stati gli esponenti dell’ala più radicale di Syriza, nettamente contrari al nuovo pacchetto di aiuti per salvare la Grecia dal collasso finanziario. Il piano dovrebbe prevedere l’invio, da parte del’UE, di un primo prestito ponte pari a 7,6 miliardi (finalizzato a coprire le scadenze più urgenti verso l’FMI e la BCE) per poi procedere a nuovi finanziamenti al governo di Atene che, da parte sua, dovrà rispondere attraverso una serie di riforme e di misure tese a far ripartire l’economia ellenica. Si prevede, infatti, l’aumento dell’Iva dal 13% al 23% e l’aumento dei servizi di trasporto pubblico. Mentre già da lunedì dovrebbero riaprire le banche, dalle quali comunque nessuno potrà prelevare oltre 60 euro al giorno.
Grecia, l’amarezza di Varoufakis
Si tratta certamente di provvedimenti “draconiani”, tanto per rimanere geostoricamente in tema, con effetti che cadranno direttamente sulle classi meno abbienti, che già scontano da tempo una crisi di cui non hanno alcuna colpa. Non nasconde la sua amarezza l’ex ministro delle finanze Yanis Varoufakis, il quale – in un’intervista rilasciata alla BBC – ha affermato che il programma di riforme “passerà alla storia come il più grande disastro della gestione macroeconomica mai avvenuto”. Varoufakis non risparmia una frecciatina anche a Tsipras. “Ci hanno dato una scelta tra un’esecuzione e capitolare. E lui ha deciso che capitolare fosse la strategia finale”
Al nuovo governo Tsipras spetta ora l’arduo compito delle trattative con l’Europa per rinegoziare il debito che grava sulle spalle della Grecia. Da qui la scelta di un esecutivo più “lealista”, con il quale Tsipras si augura di individuare una strada condivisa per far sì che il peso delle nuove misure imposte da Bruxelles (anzi, da Berlino) possa gravare il meno possibile sulle fasce deboli, che rappresentano tra l’altro lo zoccolo duro dell’elettorato di Syriza.
In tutti i casi, i greci sembrano aver apprezzato l’atteggiamento assunto da Tsipras negli ultimi giorni, subito dopo l’esito del referendum che aveva visto trionfare il no al piano di austerity predisposto dall’Europa. A dirlo è un sondaggio pubblicato dal quotidiano Efimerida Ton Syntakton, secondo il quale Syriza avrebbe oggi oltre il 42% dei voti, doppiando il principale avversario – i conservatori di “Nea Demokratia” – fermi al 21,5%. Sulla base di questo sondaggio, Syriza otterrebbe anche la maggioranza assoluta in Parlamento, contrariamente alla situazione attuale che vede un’alleanza (forzata) di governo insieme ai nazionalisti di ANEL, formazione euroscettica che al momento si attesterebbe intorno al 3%, appena sopra la soglia utile per eleggere rappresentanti in Assemblea.
Il largo consenso popolare di cui Tsipras ancora gode, dunque, sembra ribaltare ora le strategie delle formazioni politiche in campo. Adesso a temere un eventuale ritorno alle urne il prossimo ottobre non è più Syriza. Ma chi la avversa.