Lo scorso 17 luglio, dopo essere stato indetto, è stato revocato lo sciopero dei benzinai contro l’obbligo di fatturazione elettronica. Ma a distanza di mesi torna d’attualità. A proclamare lo sciopero sono Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc/Anisa Confcommercio che questa volta hanno annunciato lo sciopero dalle ore 6:00 del 6 novembre 2019 sino alle 6:00 dell’8 novembre 2019.
Faib Confesercenti, Fegica Cisl, Figisc/Anisa Confcommercio, sciopero e manifestazione
Le federazioni hanno diramato un comunicato congiunto per spiegare che lo sciopero riguarderà i distributori carburanti su strade e autostrade. “La categoria protesta, il Governo tace e il ministro dello Sviluppo Economico latita”. Oltre allo sciopero i gestori hanno deciso di darsi appuntamento “in piazza Montecitorio” per manifestare “contro la politica fiscale del governo e l’illegalità contrattuale”.
Sciopero benzinai 6 e 7 novembre 2019, i motivi
Le Federazioni chiedono ai gestori una piena partecipazione alla protesta. I motivi dello sciopero? Ecco l’elenco: “dalla fatturazione elettronica, all’introduzione degli ISA (indici sintetici di affidabilità ndr), che risultano fortemente penalizzanti per i gestori carburanti (che, è bene ricordarlo, percepiscono un margine che non supera il 2% del prezzo pagato dagli automobilisti), ai Registratori di cassa Telematici per fatturati di 2 mila €/anno, all’introduzione di Documenti di Trasporto (Das) e modalità di Registrazione giornaliera, in formato elettronico, da digitalizzare a mano: tutti adempimenti inutili fatti per scaricare sull’ultimo anello della filiera, il più debole, oneri e costi e finanche provvedimenti penali per errori formali. Provvedimenti che duplicano le incombenze burocratiche senza alcuna valenza sulla lotta all’illegalità o alla infedeltà fiscale, lasciando in pace gli evasori di continuare a fare business anche nel nostro settore che appare sempre più inquinato dalla criminalità organizzata”.
La protesta non è indirizzata solo all’esecutivo a cui le Federazioni rimproverano indifferenza nonostante l’importanza di un “settore che contribuisce con circa 40 miliardi/anno al bilancio dello Stato” ma anche nei confronti dell’industria petrolifera che “balbetta di fronte alla strage di diritti cui viene sottoposta la Categoria dei Gestori. Lo sciopero è anche contro le compagnie petrolifere e la miriade di titolari di impianti, piccoli, medi e grandi, cresciuti sull’illegalità contrattuale. Verso questi soggetti la Pubblica Amministrazione e il Ministero dello Sviluppo Economico continuano a mantenere un silenzio imbarazzante assistendo, muti, allo scempio che sta generando danni al Paese ed al sistema per alcuni miliardi/anno”.