In questo certamente non si distinguono dal loro padre politico Berlusconi che ora stanno abbandonando, ovvero nell’abitudine a cacciarsi in guai giudiziari: sia Raffaele Fitto che Denis Verdini hanno ricevuto in pochi giorni rispettivamente un rinvio a giudizio e una richiesta di condanna.
Verdini rinviato a giudizio per bancarotta fraudolenta
Denis Verdini è accusato di bancarotta fraudolenta per il fallimento di una ditta che aveva un debito di 4 milioni di euro con il Credito Cooperativo fiorentino, che era presieduto da Verdini stesso, e ha ricevuto la notizia proprio quando era a pranzo con Berlusconi per l’estremo tentativo, non riuscito, di ricomporre lo strappo.
Verdini non si deve essere scomposto più di tanto, dopo avere dato il proprio addio a Berlusconi ha proseguito con la composizione del proprio gruppo al Senato, fatto secondo le fonti da 11 o 9 persone. Il minimo per la formazione di un gruppo è infatti di 9. Sarebbero tra l’altro senatori che già si sono distinti per cambiamenti di partito: Eva Longo e Ciro Falanga per esempio erano appena passati ai Conservatori e Riformisti di Fitto, mentre i lombardiani Antonio Scavone e Luigi Compagnone verrbbero da GAL, quel gruppo eterogeneo che ha cambiato fisionomia mille volte nel corso della legislatura, così come Vincenzo D’Anna (possibile “portavoce” del gruppo) e l’inossidabile craxiano Lucio Barani.
Riccardo Mazzoni invece lascerebbe direttamente Forza Italia, e così anche Riccardo Conti, già passato al Misto. Si vocifera di Pietro Langella, ora in NCD, e Michelino Davico (anche lui in Gal).
Verdini del resto in un certo senso ha le spalle grosse, sono ormai molte le vicende giudiziarie in cui è implicato: lo stesso Credito Cooperativo Fiorentino ha cessato di esistere redopo essere stato commissariato per gravi violazioni amministrative imputate allo steso Verdini, assieme a conflitti di interesse.
Verdini è stato coinvolto poi anche in altri casi di truffa per la percezioni di fondi per l’editoria, corruzione per la gestione di appalti in Toscana, e soprattutto per l’implicazione nella cosiddetta P3, la presunta organizzazione che mirava a dirigere appalti pubblici e nomine di alti dirigenti statali, il cui processo è ancora in corso.
Raffaele Fitto, chiesti 4 anni e 10 mesi per peculato
L’altro dissidente dei Forza Italia, appunto, proprio in questi gironi, come riportato da Dagospia, ha subito la richiesta da parte del sostituto procuratore generale della Corte di Appello di Bari Donato Ceglie di una condanan a 4 anni e 10 mesi nel processo d’appello per la vicenda de “La Fiorita”, la società di pulizie ce avrebbe favorito quando era presidente della Puglia, in appalti presso ASL e istituzioni pubbliche pugliesi. La vicenda era all’interno di un processo in cui già Fitto era stato condannato a 4 anni ridotti a 1 per l’indulto, per corruzione, illecito finanziamento ai partiti e abuso d’ufficio, e che comprendeva anche una tangente di 500 mila€ ricevuta dal re delle cliniche Angelucci tramite la lista di Raffaele Fitto “La Puglia prima di tutto” per l’affidamento di 11 RSA.
Per il peculato invece era stato assolto, fino ad oggi. La tegola arriva in testa all’ex presidente pugliese a poche settimane dalla costituzione di un gruppo al Senato, Conservatori e Riformisti, dissidente con la linea troppo timidamente di opposizione di Forza Italia.
Quindi in apparenza un posizionamento politico distante dal Verdini fautore del Nazzareno, ma sono le aule di tribunale che sembrano ancora unire questi pezzi da novanta del berlusconismo.