“10 miliardi in 5 anni”: è questo il piano del governo che progetta tagli per la sanità pubblica. La riforma, che sarà allegata al dl Enti Locali come maxi-emendamento, sembra non piacere ai componenti della maggioranza parlamentare. Infatti ieri, sulla votazione al Senato, è già mancato per quattro volte di fila il numero legale necessario per l’approvazione della stessa, situazione che potrebbe spingere Renzi a porre la fiducia sull’intero pacchetto. La seduta a Palazzo Madama ha ripreso il via regolarmente questa mattina. Il voto, secondo il sottosegretario Luciano Pizzetti, arriverà entro stasera e la questione di fiducia dovrebbe venir posta dal ministro Maria Elena Boschi.
Il piano è stato già presentato alle regioni lo scorso 2 luglio, ma non ha trovato l’approvazione delle stesse. Infatti, secondo il coordinatore degli assessori regionali alla Sanità Luca Coletto, questi tagli mettono a repentaglio l’intera struttura della sanità pubblica, e “se si prosegue così salta il sistema della universalità della sanità pubblica e tutte le Regioni andranno in Piano di rientro. “In sostanza – continua Coletto – oltre alle tasse, gli italiani dovranno pagare le prestazioni sanitarie privatamente”.
Il piano scadenzato
Il piano prevede tagli per 2.3 miliardi nel 2015, nel 2016 e nel 2017 raggiungendo, in 5 anni, la soglia psicologica dei 10 miliardi, soldi che, a quanto dice il governo, saranno utilizzati per abbassare le tasse, con il placet del commissario alla revisione della spesa pubblica, Yoram Gutgeld. I tagli si abbattono soprattutto sulle visite specialistiche, come esami strumentali ed analisi di laboratorio. Una volta approvata la riforma, il governo stilerà una lista di patologie per le quali analisi ed approfondimenti saranno necessari: per le patologie presenti nella lista le analisi continueranno ad essere gratuite, mentre per quelle fuori dalla lista le analisi non saranno ritenute necessarie e, quindi, a spese del paziente.
Lorenzin: “Razionalizziamo le spese”
Nel piano è inserito anche una norma contro i medici che praticano la cosiddetta “medicina difensiva”, quella pratica che elargisce con facilità analisi e controlli per mettersi al riparo da eventuali responsabilità. Chi sbaglierà vedrà un taglio dello stipendio, così da eliminare gli sprechi, secondo il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. “Non stiamo tagliando la sanità, ma razionalizzando le spese. Abbiamo approvato un anno fa il patto della salute – spiega il ministro ex Scelta Civica – che prevede una serie di tappe per rendere sostenibile il sistema, cioè recuperare margini di sprechi che ancora ci sono per reinvesta laddove c’è bisogno. Da questo piano si possono recuperare 10 miliardi in almeno 5 anni, partendo dagli sprechi dovuti all’improduttività. Pensiamo alle prestazioni sanitarie che non sono dovute, all’eccesso di cautela che porta a un eccesso di diagnosi e di diagnostica, di prescrizioni e di esami. Soltanto questo campo, che si chiama medicina difensiva, produce ben 13 miliardi di euro. E poi maggiori controlli, controlli incrociati tra la qualità e la quantità”.