Libia: Saif al-Islam, figlio prediletto del colonnello Muammar Gheddafi, che lo aveva designato come suo possibile successore, è stato condannato a morte per fucilazione da un tribunale di Tripoli.
Libia: il volto democratico
Il secondogenito dell’ex rais è stato condannato per i crimini di guerra compiuti durante la repressione delle proteste pacifiche nel 2011. Tra le altre accuse quella di genocidio, rapimento e appropriazione indebita di fondi pubblici.
Figura particolare, spesso critico nei confronti del padre, era stato considerato per anni come il volto democratico e moderato della Libia sin da quando aveva lasciato il proprio paese per volare a Londra dove aveva conseguito un master alla London School of Economics. Molto attivo in politica estera, aveva promosso accordi con Italia, Usa e Francia e pur non ricoprendo formalmente alcuna carica si ritiene fosse una delle figure più influenti del regime. Nel 2011, poi , l’inattesa svolta: durante le proteste si schierò a fianco del padre e guidò la sanguinaria repressione.
Insieme a lui sono state condannate alla pena capitale altre 8 persone , ex fedelissimi del rais, tra cui tra cui il capo dell’intelligence Abdullah Senussi, il responsabile dei servizi segreti Abuzed Omar Dorda e l’ex premier Baghdadi al Mahmoudi.
Libia: condanna in contumacia
Saif è stato però giudicato in contumacia perché attualmente detenuto nella prigione di Zintan; è stato arrestato dai miliziani vicini al governo di Tobruk il 19 novembre 2011 mentre tentava la fuga verso il Niger un mese dopo la morte del padre.
Appena giunta la notizia della condanna a morte, gli uomini di Zintan, avversi al governo di Tripoli, hanno immediatamente dichiarato che non eseguiranno la sentenza né consegneranno Saif a chi ha deciso di fucilarlo. Gli esponenti del governo di Tobruk hanno invece affermato di non riconoscere il procedimento giudiziario definendo la decisione illegittima.
Libia: 60 giorni
L’attuale situazione politica in Libia è infatti particolarmente confusa e incerta e si può affermare in sostanza che esistono due parlamenti distinti. Il primo, eletto nel giugno del 2014 e ufficialmente riconosciuto dalla comunità internazionale, ha sede a Tobruk e ha come primo ministro Abdullah al-Thani. Il Congresso nazionale, invece, si trova nella capitale della Libia, Tripoli, ed è in carica dall’8 agosto 2012. Ha deciso di non sciogliersi una volta scaduto il suo mandato a metà 2014. Omar al-Hasi è il suo primo ministro ed è sostenuto da diverse formazioni islamiste. In questo scenario si inseriscono una miriade di milizie, armate e ben organizzate, fedeli all’uno o all’altro schieramento che controllano le diverse città del paese.
La decisione del tribuna di Tripoli è stata criticata anche dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani che in una nota ufficiale ha espresso grande preoccupazione perché non sarebbero stati rispettati gli standard internazionali dell’equo processo. Inoltre va ricordato che proprio per decisione del consiglio di sicurezza dell’Onu, Saif è anche ricercato dal Tribunale penale internazionale dell’Aja che ha più volte chiesto alla Libia la sua consegna senza aver mai avuto risposte positive. La condanna a morte non è comunque definitiva, Saif e gli altri condannati hanno infatti a disposizione 60 giorni per poter presentare appello alla Suprema Corte.