Oggi il Senato, a scrutinio segreto, ha detto no alla richiesta di arresto del senatore di Ncd, Azzollini. Determinanti sono stati i voti degli esponenti Pd. M5S e Lega Nord hanno attaccato duramente il partito guidato da Matteo Renzi. Anche all’interno del Pd si sono levate parole di indignazione, da D’Attorre a Casson (“Una vergogna, si è voluto tutelare uno della Casta”). Eppure c’è qualcuno nel Pd, che non si nasconde dietro al voto segreto e rivendica pubblicamente il suo voto contrario alla richiesta di arresto di Azzollini. Si tratta del senatore Pietro Ichino, che sul suo blog spiega i motivi che lo hanno portato a questa scelta.
La presidenza del Gruppo Pd nei giorni scorsi ha deciso di non dare indicazioni ai senatori, invitando ciascuno di essi a votare secondo coscienza. Per quel che mi riguarda, ho deciso di votare contro l’autorizzazione, per questi motivi:
a) il senatore Azzollini è accusato di avere operato come “amministratore occulto” di una Congregazione religiosa, della quale è stata dichiarata due anni fa l’insolvenza; ma di questa accusa ho trovato negli atti giudiziali elementi di prova che definireevanescenti è dire poco;
b) il Giudice per le Indagini Preliminari riconosce esplicitamente l’assenza di qualsiasi lucro patrimoniale che l’imputato abbia ottenuto o tentato di ottenere dai comportamenti di cui è accusato;
c) l’unico movente del comportamento di cui il senatore Azzollini è imputato, secondo il GIP, è costituito da “interessi di tipo personale e politico, costituendo la Congregazione un bacino di consenso politico-personale di notevole portata”;
d) a parte l’aver operato come “amministratore occulto” della Congregazione, di cui non viene offerta alcuna evidenza, l’altro comportamento che viene imputato al senatore Azzollini consiste nell’essersi adoperato in Senato per l’approvazione di esenzioni fiscali delle quali la Congregazione stessa avrebbe beneficiato.
Negli altri casi analoghi precedenti, di richiesta dell’autorizzazione all’arresto di un senatore, ho votato per l’autorizzazione, non ravvisando indizi di scorrettezza nell’operato dei giudici. Questa volta invece sono rimasto sconcertato da quella che mi è apparsa come una vera e propria confessione esplicita, nell’impianto accusatorio, della pretesa di mettere sotto controllo l’attività parlamentare. E mi ha molto stupito il fatto che il Tribunale della Libertà abbia convalidato la richiesta del GIP, ricalcandone alla lettera i motivi, senza rilevare l’anomalia di un capo d’accusa che ha per oggetto principale l’attività legislativa di un parlamentare e che indica come movente del preteso delitto il puro e semplice interesse politico-elettorale del parlamentare stesso. Per non dire dell’anomalia dell’arresto come misura cautelare, in una situazione nella quale il rischio di fuga dell’imputato è nullo, la Congregazione insolvente è commissariata, dunque la reiterazione del reato è impossibile, e non si vede come possa temersi un inquinamento di prove – per ora comunque evanescenti – circa l’attività di “amministrazione occulta” svolta più di due anni or sono, essendo l’amministrazione della Congregazione religiosa attualmente affidata a un commissario.
Con questo, non esprimo alcun giudizio sull’insieme dei rapporti intrattenuti dal senatore Azzollini e la Congregazione religiosa, dei quali non so quasi nulla (anche perché dagli atti giudiziali non emerge gran che di preciso): può essere benissimo che ci sia stato del clientelismo, dei difetti di trasparenza, dei comportamenti scorretti. Il senatore Azzollini verrà processato come qualsiasi altro cittadino; ma da questo all’arresto preventivo del parlamentare in via cautelare mi sembra ci corra davvero troppo.