Biti (PD): “Con Draghi per senso di dovere. Bene svolta europeista della Lega, ci hanno dato ragione”

Caterina Biti, senatrice fiorentina del Partito Democratico. Eletta nel 2009 al Consiglio Comunale di Firenze in una lista civica a sostegno di Matteo Renzi, aderisce subito al gruppo PD e nel 2012 viene nominata assessore all’ambiente. Alle elezioni amministrative del 2014 risulta la più votata del PD e viene eletta Presidente del Consiglio Comunale di Firenze, incarico che ricopre fino al 2018, quando viene eletta al Senato della Repubblica nelle liste del PD nel collegio Toscana 1. Attualmente è Vicepresidente della Commissione Agricoltura e Segretario della Commissione bicamerale sui fatti avvenuti presso “Il Forteto”.

Il governo Draghi è appena nato e già ci sono le prime tensioni interne alla nuova maggioranza, ma anche interne agli stessi partiti che la compongono. Le vorrei chiedere un commento in merito alla cosiddetta “rivolta delle donne del PD” a cui si è assistito in questi giorni.

È doveroso che io faccia una premessa: il mio modo di vedere la “questione femminile” è piuttosto particolare e forse isolato, di sicuro all’interno del mio Partito.

Ciò che è successo dopo il giuramento del Governo Draghi, il modo in cui è stata posta la questione della rappresentanza di genere, non mi ha persuaso. Sono convinta di due cose: la prima è che la mancata parità di genere sia un tema fondamentale di giustizia e di rispetto della Costituzione, per raggiungere la quale è necessario che le istituzioni e le parti sociali capiscano che solo nella uguaglianza di trattamento ci sarà davvero sviluppo per il Paese; la seconda è che il merito viene prima di ogni altra cosa. Auto-ghettizzarsi e addossare la responsabilità esclusivamente all’esercizio del potere degli uomini non solo trovo che sia anacronistico, ma credo fermamente sia anche svilente nei confronti di tante donne che non temono nessun confronto, non tanto con l’altro genere, bensì col mondo che le circonda in qualsiasi ambito si trovino ad agire.

Dobbiamo essere prima di tutto noi donne a conoscere il nostro valore, esercitare le nostre capacità nei ruoli che abbiamo; nessun timore a mettersi davvero in gioco, con le nostre caratteristiche, senza usare atteggiamenti che scimmiottano quelli maschili (che per natura non ci appartengono), che spesso condanniamo e che ci snaturano tanto da non rendere efficaci le giuste “battaglie” che ancora dobbiamo vincere.

Quale potrebbe essere il minimo comune denominatore di una maggioranza così larga e composita? Quale visione di futuro e di Paese potrebbe uscire da un tale governo?

Il comune denominatore poteva essere solo uno e ieri il discorso del Presidente Draghi [al Senato] lo ha confermato: la responsabilità e il senso del dovere, soprattutto in questa situazione così straordinariamente difficile che viviamo da un anno.

Solo se ogni forza politica capirà che ha esclusivamente questa strada per restare credibile agli occhi degli elettori, ma soprattutto per tenere fede al rispetto dei ruoli e delle istituzioni dello Stato, allora avremo quella comunanza di intenti che ora è quanto mai necessaria.

Non sarà facile, perché le forze che compongono il governo sono oltremodo diverse – ontologicamente diverse – e questo desta non poche preoccupazioni.

Ancora una volta il mondo della politica è a un bivio: saprà questa volta essere all’altezza della situazione?

In questo anno abbiamo incontrato diversi crocevia che ci hanno posto davanti alla stessa scelta: non mi pare che abbiamo imboccato la strada più giusta finora e temo che questa sia l’ultima occasione per questa classe dirigente. La scelta se essere all’altezza del momento che stiamo vivendo è solo nostra. Questa ultima possibilità non possiamo sprecarla.

Come definisce la svolta “europeista” e “atlantista” della Lega? Ma, soprattutto, come si spiega a un elettore di centrosinistra che non esistono più i “nemici giurati” e che anche gli ultimi tabù sono caduti, ovvero che PD e LeU adesso governano col Carroccio?

Vorrei che si fossero resi conto dell’ultima possibilità per la politica di cui parlavo nella risposta precedente, ma credo che le cose non stiano così. Personalmente sono divertita e soddisfatta nel vedere partiti, che erano “no euro” e filorussi fino a ieri, darci ragione e rendersi conto che l’ancoraggio all’Unione Europea e alla NATO non è uno slogan, ma una scelta di campo che porta benefici all’Italia soprattutto in questo momento di estrema gravità a livello globale.

La Lega più di tutti sembra quella che ha cambiato se stessa su questi temi, ed è vero, ma pensiamo anche a quello che ha sostenuto negli anni –  dalla sua nascita fino al 2018 almeno – il M5S. Ce lo ricordiamo il “Vaffaday”?

Ripeto, comunque, che solo la contingenza del momento fa sì che, con lo spirito di responsabilità, il senso del dovere e di unità di cui parlavamo all’inizio, forze radicalmente diverse possano stare insieme.

Trovarci al governo con chi abbiamo “combattuto” negli anni ci deve insegnare anche che il bene comune dei cittadini davvero deve venire prima di tutto e forse potrà educarci, pur mantenendo le nostre identità, a non ergersi come portatori di verità e purezza e ad abbandonare i #maipiù, i #senzadime, i “o tizio o morte”. Gli errori si fanno, l’importante è imparare da questi e penso che se sapremo mettere a frutto quelli commessi negli anni passati potremmo avere classi dirigenti migliori.

Lei da ex-renziana si è data una risposta sul perché il Sen. Renzi abbia aperto la crisi che ha portato alla fine del Conte II? Pensa che sia stato tutto parte di un “gioco politico” oppure ha delle effettive ragioni di merito?

Dovrei rispondere solamente “no” a tutte e due le domande.

Io sono ancora convinta che minacciare e portare ad una crisi di governo sia un metodo da evitare. Considero aver fatto tutto ciò nel periodo più difficile che l’Italia ha vissuto dalla guerra un atto sciagurato e, sinceramente, rifiuto la narrazione per cui, visto che abbiamo il Presidente Draghi, allora è andato tutto bene. È innegabile che ci fossero cose da cambiare nell’azione del secondo Governo Conte e il Partito Democratico non lo ha mai negato, tanto che non ci siamo mai sottratti nel far notare le criticità e nel lavorare per risolverle. Cosa diversa è scatenare una crisi.

Spero di non essere fraintesa: il Presidente Draghi è una delle persone più autorevoli e apprezzate nel mondo ed è un bene che abbia accolto la richiesta del Presidente Mattarella e che ora sia a capo del nuovo governo. Trovo comunque incomprensibile la dinamica di come ci siamo arrivati e, soprattutto, sono abbastanza basita nel leggere dichiarazioni dei miei ex compagni di strada che invocavano “il merito e non i nomi” nel momento della crisi e che, adesso, hanno lasciato il merito in cambio di un unico nome, seppure autorevole come Mario Draghi. Credo che in Politica la coerenza e l’essere conseguenti siano fondamentali. Mi pare che per qualcuno non sia così, ma ormai è il passato. Adesso ci aspetta una sfida nuova e, come ho spiegato prima, dobbiamo accettarla con lo spirito adatto a chi vuole fare il meglio per il Paese.

Mentre si tentava di formare un nuovo esecutivo, il mondo e l’Italia non si fermavano. Su cosa ha lavorato in queste ultime settimane e quali saranno i suoi prossimi focus in Senato?

In realtà dobbiamo ammettere che in assenza di un governo pienamente in carica, con il governo uscente che poteva solo svolgere gli affari correnti, i lavori della camere in questo periodo si sono fermati. Questo a riprova che le crisi di governo sono da provare a scongiurare, dato che in questo momento di difficoltà – con ancora centinai di morti al giorno, la campagna vaccinale all’inizio, la crisi economica – portare avanti il lavoro era ed è fondamentale. Col nuovo governo ora in carica riprenderemo i lavori e cercheremo di recuperare il tempo perso: abbiamo un decreto sull’emergenza Covid da convertire e anche il DL “Milleproroghe”, nell’attesa di lavorare sul prossimo DL “Ristori” e soprattutto sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per dare la forma più precisa possibile all’Italia che vogliamo lasciare alle generazioni future.

Vorrei concludere questa nostra intervista con una domanda più generale e rivolta al futuro. Come si immagina il risveglio italiano all’indomani della pandemia?

Dovremo abbandonare l’idea di tornare a vivere come se non fosse successo niente. Non è stato un blackout ma uno stravolgimento epocale che segnerà gli anni a venire, come ha sottolineato anche il Presidente Draghi nel suo discorso al Senato. Già prima dell’estate in tanti avevamo colto che forse non sarebbe più tornato nulla come prima e abbiamo iniziato a sollevare il tema di immaginare modi diversi di vivere nel momento in cui la pandemia ci lascerà tornare alla libertà, se così vogliamo chiamarla.

Abbiamo la grande opportunità di immaginare e costruire un mondo molto diverso; è sicuramente uno scenario che ci spaventa e ci preoccupa ma se ci pensiamo è molto affascinante poter pensare nuovi modelli, anche sociali.

Abbiamo tante possibilità per immaginare un nuovo mondo per la scuola e l’Università, per il mondo del lavoro e delle imprese, per tutti gli ambiti del sociale (dalle RSA ai mondi più vari di emarginazione), per il mondo della cultura e del turismo e infine per la tutela della Terra in cui viviamo.

Fa paura da quanto è grande, ma abbiamo davanti una entusiasmante sfida che non in tutte le epoche è stata così chiara a chi aveva la possibilità e il dovere di coglierla.