Israele: sempre meno credibile
Israele: la sua credibilità subisce nuovi scossoni, in seguito alla richiesta dei giudici della Corte Penale Internazionale, rivolta al Procuratore, di riconsiderare la decisione di non iniziare un’indagine sull’incidente della Mavi Marmara, e alla pubblicazione di un rapporto di Amnesty International che ritiene Israele responsabile di crimini di guerra e crimini contro l’umanità con riferimento al c.d. Black Friday.
Israele: la decisione della CPI sulla Mavi Marmara
La comunità internazionale non sembra più sorridere come una volta a Israele. L’annosa vicenda dell’intercettazione della Mavi Marmara, nel 2010, da parte della marina militare israeliana e la brutale operazione militare condotta la scorsa estate sulla Striscia di Gaza dall’Israeli Defence Forces (IDF) sembrano aver scosso, almeno in parte, le coscienze degli spettatori internazionali.
Nel giro di poco più di dieci giorni, due eventi hanno lasciato il segno sulla reputazione e credibilità delle forze armate israeliane.
Il 16 luglio 2015, la Prima Camera Preliminare della Corte Penale Internazionale si è pronunciata sull’appello proposto, durante il mese di gennaio 2015, dalla Repubblica delle Comore nei confronti della decisione del Procuratore, Fatou Bensouda, di non iniziare una formale indagine sull’incidente che nel 2010 aveva visto la marina militare israeliana abbordare tre vascelli recanti aiuti umanitari a Gaza, causando dieci morti e una ventina di feriti tra gli attivisti.
La decisione di concludere l’esame preliminare senza aprire una formale indagine era stata resa nota nel novembre 2014. Il Procuratore aveva ritenuto l’incidente non sufficientemente grave da consentire l’intervento della Corte Penale Internazionale.
A seguito dell’appello proposto dalla Repubblica delle Comore, presso cui uno dei vascelli abbordati dalla marina israeliana era registrato, la Prima Camera Preliminare della Corte ha esaminato la decisione del Procuratore giungendo alla conclusione che quest’ultima avrebbe commesso degli errori materiali. In particolare, i giudici hanno ritenuto che la valutazione del Procuratore circa la gravità dell’incidente fosse errata. Pertanto, hanno richiesto al Procuratore della Corte, Fatou Bensouda, di riconsiderare la propria decisione di non iniziare un’indagine.
Israele: Amnesty e il Black Friday
Mercoledì 29 luglio 2015, un altro assalto alla credibilità di Israele è giunto dalle pagine di un dettagliato rapporto, pubblicato da Amnesty International, su un particolare episodio verificatosi nel corso dell’operazione militare “Margine Protettivo”, intrapresa dall’IDF a Gaza la scorsa estate.
Il rapporto, prodotto della cooperazione tra Amnesty International e il gruppo di ricerca su Architettura Forense basato all’Università Goldsmiths di Londra, ha ricostruito la fase probabilmente più drammatica dell’intera offensiva sulla Striscia.
Si tratta di un bombardamento a tappeto della città di Rafah, nell’area meridionale della Striscia di Gaza, seguito al sequestro da parte di miliziani di Hamas di un soldato israeliano, il tenente Hadar Goldin, 23 anni, catturato nel corso di un’operazione di smantellamento dei tunnel usati da Hamas nella Striscia.
I bombardamenti, cominciati nel corso di un “cessate il fuoco” di 72 ore concordato tra i miliziani palestinesi e l’IDF, sono cominciati l’1 agosto e hanno causato, secondo le cifre di Amnesty International, 135 morti tra i civili palestinesi, di cui 75 bambini.
L’ordine di dare inizio al bombardamento ha seguito il sequestro del tenente Goldin e mirava ad evitare che i miliziani acquisissero una posizione di forza grazie alla detenzione di un ostaggio. Anche a costo di mettere a rischio la vita dello stesso tenente. Si tratta della c.d. “direttiva Annibale”.
Testimoni oculari dei bombardamenti hanno riferito una pioggia di fuoco, che ha avuto un effetto devastante sulla popolazione civile che, a seguito del “cessate il fuoco”, si apprestava a fare rientro verso le proprie abitazioni.
La totale assenza di precauzioni volte a minimizzare l’impatto dei bombardamenti sulla popolazione civile, e la mancanza di qualsiasi forma di investigazione sull’accaduto, ha condotto gli esperti di Amnesty International ad accusare Israele di aver perpetrato crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Israele: presto al banco degli imputati?
Accuse che Israele ha fermamente rigettato attraverso le parole di un portavoce dell’ambascia, il quale ha definito il rapporto “sostanzialmente viziato” nella metodologia adottata, nei fatti considerati, nell’analisi dei dati raccolti e nelle sue conclusioni. Un problema ulteriore, a detta del portavoce, sarebbe la scarsa attenzione prestata ai lanci indiscriminati di razzi da parte dei gruppi armati palestinesi sulla popolazione civile israeliana. Lanci che tuttavia sono stati fermamente condannati da Amnesty International e che, in ogni caso, non giustificano l’impiego di bombardamenti a tappeto, indiscriminati, come quello avvenuto durante il famigerato Black Friday.
La condotta delle ostilità da parte di Israele appare poggiarsi su basi sempre più incerte e la continua esposizione delle violazioni dei diritto internazionale da parte delle forze armate, a prescindere dalla loro veridicità, sembra indicare un cambio di rotta nell’atteggiamento della comunità internazionale. Che il momento per Israele di sedere al banco degli imputati si stia avvicinando?