L’insostenibile pesantezza della Rai
Quello che segue potrebbe sembrare il classico commento di un ultra-liberista sempre pronto a scagliarsi contro lo #statoladro. Chi scrive, invece, crede così tanto nel ruolo dello Stato da non poter tollerare ciò che è diventata la televisione pubblica.
La Rai non è “la più grande azienda culturale del Paese”; è un carrozzone costoso che offre, perlopiù, una programmazione indegna estranea al suo ruolo di servizio pubblico. Basta sintonizzarsi su Rai1 o Rai2 in tarda mattinata, nel pomeriggio, verso sera: intrattenimento scadente finanziato dal contribuente. È davvero necessario? Il panorama televisivo italiano è già affollato di emittenti private che offrono il kitsch peggiore al fianco di reti che fanno cultura e intrattenimento “intelligente”. Il “mercato” non ha dunque bisogno del correttivo pubblico; perlomeno, non ha bisogno di questo correttivo pubblico.
La riforma della governance in via di approvazione pone delle interessanti basi di ristrutturazione aziendale ma tralascia di intervenire sul ruolo essenziale della TV di Stato. Sarebbe opportuno, anche in questo caso, mostrare quel coraggio che al Governo è sinora mancato quando ha affrontato le riforme “epocali”: privatizzare tutti gli assets commerciali lasciando in mano pubblica una Rai snella ma capace di offrire ai cittadini contribuenti un’informazione completa, indipendente ed autorevole. In pratica, tutto ciò che, ora, la Rai sostanzialmente non fa.
Andrea Enrici