La mancata autorizzazione all’arresto del Senatore NCD Azzollini – a seguito della richiesta da parte del gip di Trani nell’ambito dell’indagine sul crac da 500 milioni della casa di cura Divina Provvidenza di Bisceglie – ha scatenato un’ondata di polemiche tra le forze politiche e di indignazione nell’opinione pubblica. Lo stesso Pd, che inizialmente con il Presidente Orfini aveva dichiarato voto favorevole alla richiesta, in Aula, dopo il parere positivo della Giunta per le autorizzazioni, ha votato in maniera opposta (anche se non in maniera compatta) dando seguito della lettera scritta dal senatore Zanda in cui si lasciava libertà di coscienza ai senatori.
Tra accuse di autoconservazione e non più di tanto velati riferimenti alla tenuta stessa della maggioranza governativa, torna in Italia, in maniera prepotente, la questione della immunità parlamentare e del suo esercizio da parte del Parlamento. Va ricordato, per onor di cronaca, che l’istituto in questione è previsto esplicitamente dalla nostra Carta costituzionale (art. 68) e che è stato riformato nel 1993 con l’abolizione dell’autorizzazione a procedere da parte del Parlamento e ulteriormente nel 2003.
Orlando: “Bisogna rivedere la Costituzione”
Tra le tante opinioni espresse in materia, spicca per importanza ed autorevolezza quella del Ministro della Giustizia Andrea Orlando, il quale ha dichiarato di voler rivedere l’istituto dell’immunità parlamentare. Dichiara il Guardasigilli alla trasmissione “In Onda” su La7: “Ormai si è rovesciato lo schema, se nel passato le richieste a carico di deputati e senatori venivano regolarmente rispedite al mittente, adesso nella stragrande maggioranza dei casi vengono accettate. Sottrarre la materia allo stesso Parlamento è possibile perché questa viene spesso caricata di significato politico e si guarda poco al merito. Bisogna però rivedere la Costituzione. E non significa rivedere le ragioni di quell’istituto”. Parole importanti che rivelano la necessità di porre fine ad una questione che, alla fine, lascia spazio alle solite polemiche e che non riesce mai ad entrare nel merito della vera questione: la suddivisione dei poteri dello Stato e la loro indipendenza.
Orlando propone quindi di affidare la decisione ad un organo terzo. Viene ipotizzata la soluzione della Corte costituzionale, organo, a detta del ministro, più idoneo a valutare senza la pressione della congiuntura politica. Insomma il ministro ha lanciato il sasso nello stagno nella speranza che nel Paese finalmente si apra il dibattito su una questione di vitale importanza per una democrazia matura, giacché ha escluso che un provvedimento del genere possa rientrare nell’attuale riforma costituzionale in discussione in Parlamento.
Intanto nel dibattito successivo al voto in Senato vanno ricordate le parole del Presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone che a Repubblica ha dichiarato : “E’ fisiologico, giusto e doveroso che il Parlamento possa dissentire quando non condivide i provvedimenti della magistratura”, a conferma dell’importanza assoluta della suddivisione dei poteri e della loro autonomia. Continua Cantone, “La magistratura rivendica la propria, (autonomia, dr) ma deve rispettare quella di un altro organo costituzionale. In questa legislatura, le autorizzazioni all’arresto finora concesse dimostrano che non c’è stato alcuno stop alle indagini”. La parola d’ordine è dunque autonomia. E la proposta del ministro Orlando di affidare ad un organo terzo la decisione in materia di immunità parlamentare, senza privarla della sua essenza, sembra andare proprio in questa direzione.