PD, lo scontro interno ad alta tensione. Bindi “Renzi apra confronto”, mentre D’Attorre “Pd ormai sembra Forza Italia”
“O Renzi è disponibile a riaprire una fase di dialogo vero con il suo stesso partito per un ripensamento che ci riporti alle nostre origini uliviste oppure è inevitabile che a sinistra di questo Pd nasca una forza di governo, non residuale”. A lanciare l’avvertimento al premier nonché segretario del PD è l’ex presidente del partito Rosy Bindi, che aggiunge: “Il tempo a disposizione non è molto, le cose saranno già chiare a settembre con il percorso parlamentare delle riforme costituzionali”.
Intervistata dal Fatto Quotidiano, la Bindi non esclude dunque ipotesi estreme come la scissione: “non possiamo continuare a essere così schiacciati su proposte di centrodestra, dal lavoro alla scuola, dalla sanità al fisco”. Gelido il commento sull’ipotesi di Nazareno 2.0, anche alla luce dell’accordo tra Renzi e Berlusconi sulle nomine Rai: “non mi meraviglierei. Le intese sulla tv pubblica hanno sempre prefigurato accordi su altri piani”. Ma spiega: “La cosa mi stupisce, però, perchè sul Senato elettivo il fronte che si va consolidando mi pare ampio, al di là della pattuglia dei verdiniani”.
Bindi e riforme
A proposito della riforma della Camera Alta, la Bindi chiarisce: “Nel merito dovremmo essere interessati, tutti, a una buona riforma; bisognerebbe tener conto dei costituzionalisti che osservano come il complicato processo legislativo di questa brutta riforma farebbe perdere ancora più tempo alla politica, vanificando l’obiettivo di una democrazia che decide”. A tal proposito, è negativo il giudizio sull’appello dell’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a “non tornare indietro” sul campo delle riforme: “L’uscita di Napolitano sul Corriere della Sera – è stata inopportuna. Non può supplire alla politica e deve rispettare di più Grasso. E Mattarella”.
Ad intervenire sul tema riforme è anche l’ex capogruppo alla Camera Roberto Speranza che – intervistato da Repubblica – spiega il cambio di opinione rispetto al “sì” alla Camera sul ddl Boschi: “nel frattempo è successo un fatto enorme: l’Italicum. Quando è stato approvato mi sono dimesso da capogruppo, non mi sveglio certo ora. Con quella legge la Camera sarà composta in maggioranza di nominati, scelti da un solo partito. Per questo il Senato deve avere funzioni di garanzia e controllo”. E aggiunge: “Dobbiamo fissare il principio che il Senato è eletto dai cittadini”. Sul Nazareno 2.0, la sua posizione è più morbida rispetto a quella della Bindi: “Non sono schizzinoso, non grido allo scandalo se si vede Berlusconi, ma si provi prima a unire il Pd”.
Duro monito arriva ai dissidenti PD da parte del vicesegretario nonché governatore del Friuli, Debora Serracchiani: “Se si vuole buttar giù Renzi, padronissimi di tentarlo. Poi però vi beccate Matteo Salvini e i suoi muscolosi amici di CasaPound e Beppe Grillo”. Intervistata dal Quotidiano nazionale, la Serracchiani aggiunge: “Se qualcuno vuole ritornare al bicameralismo perfetto non solo è antistorico, ma anche antipolitico. Spiegate questa manfrina agli italiani che non lavorano o che hanno appena cominciato grazie al Jobs Act”.
D’Attorre: “Non lascio il partito, ma sembra Forza Italia”
Un’altra voce critica che si leva dal gruppo della minoranza dem è quella di Alfredo D’Attorre. Anche lui ha molto da ridire sul premier Renzi e sul Pd di governo: “Fino alle Europee Renzi ha fatto cose positive: gli 80 euro, l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie, il tetto agli stipendi dei manager pubblici. Dopo, ha perso la strada maestra. Sulla scuola. Su Costituzione e legge elettorale. Sul fisco. Per non parlare del lavoro”, aggiunge.
Il deputato, intervistato dal Quotidiano nazionale, critica da cima a piedi il programma di Renzi e sostiene con rammarico che il Pd sia sempre più vicino a Forza Italia e lontano dalle sue origini ideologiche. “Io dico che non può essere che il Pd attui una parte del programma che Forza Italia non era riuscita a imporre negli anni scorsi. Toccava a noi demolire l’articolo 18? O dare al preside il potere di scegliersi i docenti? Senza mai riconoscere il valore del confronto con le parti sociali”.
D’Attorre torna anche su una questione di principio, cioè sul fatto che il governo Renzi sia, di per sé, un governo privo della legittimazione popolare: “Queste cosiddette riforme sono state fatte in contrasto con il programma sul quale siamo stati eletti e senza che questo governo sia nato da una legittimazione popolare diretta“. La domanda, di qui, sorge spontanea: che ci rimane a fare nel Pd onorevole? Ma la sua risposta è da combattente: “Legittimo chiedere, legittimo ribadire che io lotto nel mio partito per evitare uno snaturamento definitivo. Non voglio diventare militante di un soggetto di centro che guarda a destra più volentieri che a sinistra. Mi batto per riaprire la prospettiva di un centrosinistra di governo“.