Libia: il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni chiede che la comunità internazionale trovi un’intesa entro poche settimane altrimenti ci ritroveremo con una “nuova” Somalia a due passi dalla costa.
Libia: l’appello di Gentiloni
Intervistato da Francesca Paci de La Stampa, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni avverte la comunità internazionale: “in Libia o si chiude in poche settimane o ci troveremo con un’altra Somalia a due passi dalla costa“. A quel punto non si tratterebbe più di stabilizzare il paese ma di contenere il terrorismo: “il tempo è cruciale e non è illimitato, specialmente oggi che la presenza del Daesh (acronimo arabo dell’Isis) a Sirte ha assunto caratteristiche allarmanti“.
La comunità internazionale deve mettere tra le sue priorità anche la Libia, non solo la Siria o l’Iraq, insistendo “sul piano negoziale“. Gentiloni ha tenuto a sottolineare l’importanza di impostare le trattative sotto l’egida dell’Onu: “è inutile far rullare i tamburi senza questa base minima“. Infatti, a differenza dell’intervento per “spodestare” Gheddafi risalente ormai al 2011, oggi è impossibile pensare un percorso di stabilizzazione della Libia senza “una pianificazione condivisa con i libici“.
Il dialogo tra le diverse fazioni che in questo momento controllano la Libia continuerà mercoledì, in Marocco, sulla scia di quanto concordato 5 giorni fa con una prima intesa su un governo di unità nazionale; sperando che l’accordo tra Tobruk (governo riconosciuto come legittimo dalla comunità internazionale), Misurata, Zintan e gran parte della municipalità di Tripoli (sotto il controllo degli islamisti di Alba Libica) possa estendersi anche al Parlamento di Tripoli (GNC).
Libia: l’elogio (con riserva) dell’Ue
Se si parla di Libia è scontato il riferimento al tema “immigrazione”, un problema che “va affrontato a viso aperto” dice Gentiloni, ricordando che “il governo deve gestire e regolare l’accoglienza non può solo dire venite e sarete accolti. Ma il nostro governo ha anche il dovere di contrastare chi spaccia paure e illusioni, paventando l’invasione che non c’è e promettendo la soluzione facile che non esiste“.
La puntualizzazione del ministro arriva insieme a un elogio (anche se con riserva) all’Italia da parte dei vertici di Bruxelles. Intervistato da La Repubblica, Dimitris Avramopoulos, commissario europeo per le migrazioni, ha detto: “l’Italia non deve sentirsi più sola. C’è da parte della commissione tutta la stima e l’ammirazione per il modo in cui il vostro paese sta fronteggiando la crisi dei migranti, siamo consapevoli che il problema va risolto a livello europeo e intensificheremo gli sforzi comuni“.
D’altra parte, Avramopoulos ha aggiunto che l’Italia può fare di più per quanto riguarda le fasi successive al salvataggio in mare, riferendosi in particolare al “processo di registrazione, catalogazione, valutazione delle singole posizioni, compresa l’eventuale espulsione di chi non ha diritto d’accoglienza. Tutto questo anche con la creazione di hotspot, unità operative con un nostro staff collocate nelle aree più difficili per aiutare le autorità italiane“.
A tal proposito, le maggiori criticità rimangono la disponibilità economica – la commissione migranti europea ha stanziato quasi 8 miliardi di euro da qui al 2020 per far fronte al drammatico ritmo degli sbarchi: 558 milioni arriveranno in Italia nei prossimi giorni – ma soprattutto la disponibilità degli stati europei all’accoglienza dei profughi secondo un criterio equo di redistribuzione degli aventi diritto.