Sono arrivate come ulteriore peperoncino all’interno di un piatto reso già abbondantemente piccante dalla querelle legata a Monsignor Galantino e Matteo Salvini, le dichiarazioni, via canale Twitter, del governatore della regione Lombardia Roberto Maroni. Una formale “dichiarazione di guerra” da parte del Carroccio alle politiche di accoglienza e gestione del fenomeno migratorio portate avanti dall’esecutivo. Questo ciò che si legge all’interno dell’account di Maroni. Parallelamente a tali dichiarazioni, e contrariamente all’oltranzismo di Salvini, Maroni ha poi espresso appoggio e accordo, questa volta tramite Facebook, con il pensiero del cardinale Angelo Bagnasco, intervenuto sulle politiche dell’Onu in materia: “Mi chiedo se questi organismi internazionali come l’Onu, in modo particolare, che raccoglie potere politico, ma anche il potere finanziario, hanno mai affrontato in modo serio e deciso questa tragedia umana”.
Se da una parte il presidente della Cei ha dato adito a critiche puntuali rivolte alle istituzioni nazionali e sovranazionali, dall’altra ha invece tenuto a sottolineare il ruolo culturale ed inclusivo che, per storia e tradizione, la Chiesa Cattolica romana ha sempre avuto nei confronti delle transumanze e dei fenomeni migratori. Secondo Bagnasco la Chiesa italiana cerca “di corrispondere a questa situazione umanitaria in collaborazione e su richiesta delle autorità competenti come meglio possibile”. Non sembra volersi dunque fermare il fuoco incrociato di linea tra la classe politico-parlamentare, la società civile e il clero: certo alcuni tizzoni ardenti possono soltanto rinvigorire il già corposo dibattito estivo dando nuovo vigore alle fiamme voraci.
La preghiera negata
È il caso della Parrocchia di Passo San Boldo nella provincia di Treviso, dove il sacerdote, durante la messa dell’Assunta, ha realizzato alcune modifiche formali e sostanziali al testo della tradizionale Preghiera dell’Alpino. “Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra patria, la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana”. Questo il verso incriminato dell’orazione che secondo il celebrante non si confarebbe alla tensione generale degli equilibri geopolitici globali odierni, leggasi le minacce di guerra religiosa arringate con furore apocalittico dallo Stato Islamico. Rivolgendosi all’Associazione nazionale degli alpini presente alla funzione liturgica, il prelato ha dunque proposto una versione più “attenta e prudente” della supplica la quale ha però fatto infuriare la comunità del corpo militare presente. I soldati, uscendo dalla chiesa per protesta, hanno dunque voluto leggere in pubblico la preghiera con il testo originale. Per tutta risposta la Diocesi di Vittorio Veneto ha vietato la recita dell’implorazione nelle funzioni liturgiche. La Preghiera dell’Alpino vantava un corso di ben ottanta anni.
Immediate le reazioni politiche che hanno visto esacerbare nuovamente il confronto tra clero e mondo politico-istituzionale. “Le penne nere – ha tuonato Salvini su Facebook – giustamente hanno protestato. Sono sempre più sconcertato da ‘certi vescovi’. W gli Alpini”. Stessa lunghezza d’onda e medesimo network sociale per quanto riguarda il deputato Barbara Saltamartini: “Ma in che paese viviamo. Vogliono cancellare le nostre tradizioni, la nostra cultura. Ma vi sembra normale una cosa del genere?”. Più concilianti, invece, i toni del senatore del Pd Simonetta Rubinato la quale ha invitato Matteo Salvini a non “strumentalizzare” la questione religiosa legata alla difesa dei valori civili cristiani con la scusa di una battaglia squisitamente politica ed elettorale.
Riccardo Piazza