E’ un tema che esiste da quasi 300 anni – ovvero dai tempi della Rivoluzione Industriale – se le macchine possono aiutare l’uomo, rendendolo più ricco e con più tempo libero a disposizione, o gli tolgono il lavoro, riducendolo a mendicare.
Il luddismo, cioè la lotta contro l’introduzione delle macchine, cominciata con azioni anche violente, è poi continuata con piccole e costanti azioni di contrasto da parte di larghe fasce della società, della politica e dei sindacati.
Era cominciata anche prima, nel 1589, in Inghilterra con Elisabetta I che si rifiutò di approvare il brevetto per una macchina da cucire temendo che i “poveri sudditi” rimanessero senza occupazione.
Anche il celebre Keynes nel 1930 profetizzava una disoccupazione di massa causata dal superiore ritmo in cui le scoperte tecnologiche economizzavano il lavoro rispetto a quello necessario per trovare nuovi utilizzi per la forza lavoro stessa.
Recentemente, e anche più modestamente, Maria Laura Rodotà ha espresso timori simili.
Tuttavia la storia degli ultimi 140 anni, come ci ricorda il Guardian, un quotidiano non certo neoliberista, è una storia di creazione di posti di lavoro e di progresso.
Occupazione e disoccupazione tecnologica: una storia di profondi cambiamenti
Naturalmente, e questo è un punto fondamentale per capire la costante paura della disoccupazione tecnologica, non si tratta di un aumento di occupazione omogeneo e costante. Ci sono chiaramente dei vincitori e dei vinti, e anche se i primi sono più dei secondi, spesso sono questi ultimi che fanno più notizia.
E’ lungo l’elenco di lavori creati e distrutti dalla tecnologia. Il New York Times e la grande azienda di servizi di consulenza Deloitte, il cui report è utilizzato dal Guardian, ce ne offrono alcuni. Vediamo il caso dell’Inghilterra:
Come si vede dal 1992 l’occupazione in Inghilterra è aumentata in modo totalmente diseguale.
Gli infermieri sono decuplicati mentre gli insegnanti e gli educatori sono aumentati di 6 volte. Sono triplicati i manager IT e quadruplicati consulenti e analisti business, ma anche gli attori e gli artisti hanno avuto un aumento del 156%.
Parallelamente sono crollati gli occupati nel settore pelli e calzature o in quello della metallurgia, mentre anche i sarti, segretarie e contadini sono scesi del 79%.
Nel complesso tuttavia l’occupazione è aumentata del 23% dal 1992, più della popolazione. Un gioco a somma positiva.
Andando negli Usa vediamo cosa è accaduto tra il 2000 e il 2013:
Operatori telefonici, ma anche data entry, operatori di telemarketing o agenti di viaggio sono stati sostituiti da fisioterapisti, IT manager, infermieri, consulenti finanziari, ecc.
Il confronto tra specifici settori è illuminante se torniamo indietro fino a 140 anni fa. Vediamo ad esempio il settore della lavanderia:
O quello della contabilità:
E’ evidente il contrasto e come alcune professioni abbiano sostenuto altre.
Chiaramente a ogni generazione si ripresenta il dubbio e a fatidica frase “ma adesso è diverso”, ovvero la possibilità che in realtà la sostituzione di lavoratori con macchine sia così pervasiva e veloce da non permettere la nascita di nuovi posti di lavoro e nuova occupazione.
Come viene più volte sostenuto è vero che nel 1990 GM, Ford e Chrysler generavano 36 miliardi di fatturato e occupavano 1 milione di persone, mentre oggi Apple, Facebook e Google assommano a 1000 miliardi di fatturato ma occupano solo 137 mila lavoratori.
Il punto però è la ricaduta di un tale impressionante aumento della produttività, perchè alla fine questoè il prodotto della tecnologia su tutta l’economia.
Occupazione e disoccupazione tecnologica: il mercato dello sviluppo di “apps” di Apple supera tutta Hollywood
Possiamo vedere di seguito il grafico che illustra i pagamenti ai possessori di contenuti in quel “micro-universo” chiamato iTunes:
Si vede bene la crescita dei pagamenti agli sviluppatori di apps – la grandissima parte dei quali indipendenti e non assunti ufficialmente da Apple – che ha raggiunto e superato per esempio il giro d’affari dell’immensa industria di Hollywood:
Rob Conway, fondatore della SV Angel, azienda tra le tante che si occupa di aiutare la nascita e il finanziamento di startup tecnologiche, osserva che l’assunzione di un ingegnere IT rende necessaria l’assunzione di 4 figure entry-level di supporto.
L’economista Hathaway nel 2012 aveva affermato che ogni lavoro nel settore IT ne creava 4 nell’economia.
Come? Qui sta il punto, perchè chiaramente la gran parte dei lavoratori, in un periodo di grande disoccupazione come quello che attanaglia soprattutto il nostro Sud Europa, non si sentono particolarmente consolati che la nicchia, per quanto in decisa espansione, di informatici, ingegneri, e persone ad altissima specializzazione, troverà sempre più occupazione e a stipendi crescenti.
In realtà Hathaway e altri ritengono che i 4 posti creati da ogni posto IT siano in tutta l’economia, ovvero laddove il maggiore valore aggiunto crea la possibilità di più introiti e investimenti da indirizzare in ogni prodotto di consumo, e in particolare in quelli più labour-intensive, che necessitano la presenza di personale umano e non macchine.
Da qui banalmente la crescita di…. baristi, per esempio, in Inghilterra.
E ancora di più, come abbiamo visto, di infermiere o insegnanti.
Anche senza pensare a realtà emergenti ma particolari, come coloro che si guadagnano da vivere diventando autisti di Uber, affittando la propria casa con Airbnb, o creando apps, possiamo pensare comunque a industrie knowledge-based che difficilmente possono vedere un ingresso della robotica e che in realtà consistono in professioni sempre esistite, ma che possono avere una spinta dalla ricaduta positiva dell’aumento di produttività e reddito del settore IT.
Da non dimenticare è anche l’effetto che la tecnologia porta nell’abbattere il prezzo di alcuni beni, materiali e non, rendendo possibile l’aumento di occupazione in quel settore: pensiamo ad esempio alle compagnie low cost con i biglietti acquistabili via web o in modo indiretto rendendo possibile la domanda di altri beni.
Il cibo oggi costituisce meno del 10% della spesa di una famiglia rispetto al reddito, mentre in passato era l’uscita principale; ma anche guardando più vicino a noi, il prezzo reale di un’automobile si è dimezzato in Inghilterra rispetto a 25 anni fa, come fa notare anche il Guardian.
Questo naturalmente non solo per effetto della tecnologia ma anche della globalizzazione e, di conseguenza, della possibilità di importare prodotti da dove costano meno, facendone così diminuire il prezzo finale. Ciò porta a pensare alle ulteriori polemiche che la globalizzazione, similmente all’avvento del progresso tecnologico, ha generato in Occidente, sempre relativamente alla perdita di occupazione.
Occupazione grazie alla tecnologia, per chi e di che tipo?
Come abbiamo detto i perdenti ci sono, i processi non sono sempre lineari e anche quei settori che sembrano beneficiare e godere di un boom grazie al progresso tecnologico possono dopo alcuni decenni subire lo stesso destino dei settori obsoleti che avevano a loro volta sostituito. E’ il caso della telefonia, dell’ambito dei centralinisti o anche degli operatori di telemarketing. Il seguente grafico, che si riferisce sempre all’Inghilterra, mostra l’ascesi e il declino del settore:
Un altro fattore di preoccupazione può essere come, all’interno di un movimento favorevole dei dati sul lavoro che per esempio ha portato i Paesi più tecnologicamente innovativi come Germania e Inghilterra praticamente alla piena occupazione, si sia ormai manifestato un fenomeno che vede la classe media, la piccola borghesia e quei colletti bianchi di medio-basso livello, a favore delle figure ad alta specializzazione o, soprattutto, dei lavoratori low-skilled.
Vediamo il caso degli Usa come riportato dall’Economist:
Il tasso di partecipazione della forza lavoro (non quindi dell’occupazione, alcuni potrebbero essere disoccupati) è aumentato con la ripresa solo per coloro che non avevano neanche completato le scuole superiori e, invece, declinato per tutti gli altri.
Parallelamente l’occupazione negli ultimi trimestri è aumentata soprattutto in settori a volte non ad alta specializzazione, come il minerario (grazie allo shale gas), il turistico, ed è calata invece, rispetto al 2008, persino nella finanza, nonostante la lenta ripresa attuale.
Gli Stati Uniti hanno in effetti un problema con una ripresa che getta molte ombre sul lato occupazionale – come ne abbiamo già parlato qui.
Volendo guardare a un Paese come l’Inghilterra in cui, a differenza degli Stati Uniti, non vi sono mai stati tanti occupati come ora, emerge da una ricerca della Bank of England riportata dal Business Insider come da circa un anno si sia fermato l’aumento dell’occupazione per le professionalità più alte, e come attualmente la crescita degli occupati sia trainata dall’aumento del lavoro poco o mediamente specializzato.
In effetti tornando negli Usa osserviamo come in realtà siano esattamente i lavoratori con specializzazione media ad avere goduto meno dell’aumento occupazionale e parallelamente dell’aumento dei salari
Di fatto il piccolo impiegato di concetto viene sostituito da sistemi informativi potenti che lo rendono obsoleto, mentre vi è più spazio per lavapiatti, molto meno rimpiazzabili.
La sfida non sarà nel combattere un processo di costante miglioramento tecnologico – come abbiamo visto benefico nel suo complesso – ma di renderlo equo, evitando una polarizzazione tra lavoratori specializzati dagli altissimi guadagni e una massa di poveri occupati nei servizi in espansione con poche possibilità di carriera.