Una testimonianza dal Centrafrica in onore di Camille Lepage
Nel silenzio o nell’indifferenza dei media nazionali ecco una testimonianza dal Centrafrica, che ho ricevuto e riporto integralmente. Lo faccio anche per ricordare Camille Lepage, giornalista uccisa in uno scontro mentre cercava di raccontare e sensibilizzare l’opinione pubblica su una guerra così assurda. Ecco la testimonianza:
Mille ONG, soldati provenienti da tutto il mondo per la cosiddetta missione di pace, fuoristrada nuovi con autisti ben pagati, mezzi blindati, elicotteri, aerei di ogni tipo e milioni di dollari messi sul piatto: ancora una volta però i pochi invitati al prelibato banchetto, si mangiano quasi tutto e lasciano, talvolta, le briciole alla popolazione locale che racimola quello che può e continua a sopravvivere o a morire. Già perché qui non esiste un domani, si vive alla giornata, e da molti giorni (mesi) l’unica vera istituzione sono gli anti-balaka, e i veri nemici sono ancora i seleka. La poca considerazione di quelle che dovrebbero essere gli enti a cui fare riferimento, rende questo paese la terra di nessuno. La MISCA (forza militare composta da africani) non è certo ben vista così come i francesi della missione Sangaris e anche la neo presidente Chaterine Samba Panza.
Fare chiarezza è fondamentale: la verità è che la maggior parte di questi anti-balaka sono sbandati che sotto il continuo effetto di droghe o in preda ai fumi dell’alcol compiono razzie, soprattutto verso i pochi musulmani ancora presenti ma anche contro il resto della popolazione. Disarmarli sembra impossibile anche perché mimetizzati fra la gente comune e da loro protetti, e soprattutto perché la minaccia dei Seleka non è per nulla scongiurata. Notizia di oggi è la morte di una giornalista francese, Camille Lepage, che da quanto riferiscono alcuni missionari, stava facendo un reportage proprio sugli anti-balaka ed è rimasta coinvolta in un conflitto con i Seleka a pochi chilometri da Bouar in una zona ritenuta “tranquilla”.
Camille raccontava le storie degli ultimi, e si era presa a cuore questo lavoro, come una vera missione. Sembra proprio che la verità sia scomoda, e non debba mai venire a galla, d’altronde al telegiornale possiamo far vedere i sacchi di sementi portati e distribuiti alla popolazione quando ormai il periodo della semina è terminato, la costruzione di centinaia di toilette in cemento in mezzo a villaggi completamente di paglia e le coperte distribuite in un paese dove raramente la temperatura scende sotto i 25 gradi. Quanto è l’interesse del mondo occidentale di migliorare il tenore di vita dei paesi sottosviluppati?
Raffaele Masto