“Per lavorare, bisognava stare al gioco”. Questa in sintesi la dichiarazione di Enrico Maltauro, durante le nove ore di interrogatorio da parte dei pm milanesi. L’imprenditore vicentino – arrestato giovedì scorso insieme a Frigerio, Greganti, Cattozzo, Grillo e Paris – conferma quindi il sistema di appalti pilotati e mazzette legati ad i lavori per Expo, Sogin e diversi ospedali lombardi.
Dalle dichiarazioni di Maltauro – e di Cattozzo, l’esponente dell’UdC ligure sorpreso dalle telecamere nello scambio di mazzette proprio con l’imprenditore veneto – si consolida quindi il quadro accusatorio, che conferma l’esistenza di una vera e propria “cupola” degli appalti. “Era un sistema basato sulle tangenti, per lavorare mi adeguavo e pagavo”, la rivelazione di Maltauro ai magistrati. Le richieste? “Un milione e 200 mila euro”, metà già pagati ed altrettanti promessi in cambio di appalti per Expo e Sogin.
Meno lungo l’interrogatorio di Cattozzo – quattro ore – con esiti però non dissimili. Il politico ligure ha confermato le ipotesi dell’accusa, spiegando anche il significato di alcuni post-it – che aveva tentato di nascondere al momento dell’arresto – e l’ammontare dei compensi ricevuti a titolo personale, pari a falsi contratti da 300 mila euro lordi più un’Audi da 60 mila euro.
Gli investigatori continuano a lavorare sulla documentazione, anche se nessun nuovo nome sembra spuntare all’orizzonte. Sperando che ciò possa servire a stemperare anche la tensione ai piani alti del Palazzo di Giustizia, dopo il duro scontro tra Bruti Liberati e Robledo.
Andrea Turco