Massimo D’Alema vs Matteo Renzi. Lo scontro tra i due leader del passato e del presente del centrosinistra italiano si ripresenta puntuale alla prima occasione di dibattito pubblico anche se a distanza. D’Alema, ospite ieri sera della Festa Nazionale dell’Unità di Milano, ha risposto al Renzi-rottamatore del “centrosinistra che fu” visto sul palco di Comunione e Liberazione pochi giorni fa. D’Alema ha infatti affermato che, pur non essendo necessario “ispirarsi sempre al passato”, non si può “nemmeno sputarci sopra per far finta di essere grandi”.
Si tratta di una frecciata diretta all’intervento di Renzi al Meeting di CL, durante il quale il Premier aveva rispolverato la sua linea rottamatrice, attaccando duramente il berlusconismo, ma non risparmiando al contempo alcuno sconto alla linea politica del vecchio centrosinistra.
Renzi aveva infatti attribuito la colpa per la gran parte dei ritardi del Paese alla “rissa permanente ideologica” che aveva demarcato il ventennio di “berlusconismo ed antiberlusconismo”.
E Massimo D’alema, uno dei protagonisti indiscussi di quella fase storico-politica e notoriamente uno dei primi bersagli della rottamazione renziana, si è evidentemente sentito chiamato in causa ed ha scelto di lanciare varie “frecciate” al vetriolo al Premier e segretario PD Renzi.
“Persi due milioni di voti”
D’Alema ha stressato, innanzitutto, la perdita di voti del PD ipotizzata da alcuni sondaggi. Pur riconoscendo che i democratici rappresentano ancora il primo partito, l’ex Premier ha stigmatizzato come le rilevazioni diano il PD al 30%, con una supposta perdita “per strada” di due milioni di voti rispetto al risultato del 41% delle elezioni europee del maggio 2014.
“Pd ad un bivio: ricostruire il centrosinistra”
Prefigurando poi scenari di elezioni politiche sempre più vicine, D’Alema ha affermato che è urgente per il PD decidere se “allearsi con la destra o ricostruire il centrosinistra. Sono due alternative – ha proseguito – e ci troveremo di fronte a questa scelta: andremo alle elezioni con Alfano, Cicchitto e Verdini o cercheremo di ricostruire il centrosinistra? Quello con i conservatori è un abbraccio mortale, come si è visto con i socialisti greci. Io voglio capire da studioso cosa farà il Pd”.
“Leadership Pd in Europa? Assente”
Oltre agli affari interni, D’Alema ha approfittato della presenza al dibattito del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni per bocciare anche le ambizioni di leadership europea del partito: “Non ho l’impressione che il Pd cerchi di esercitare questo ruolo nella politica europea. Non ho visto questa grande leadership”. Atteggiamento questo, tuttavia, attribuibile per D’Alema alla socialdemocrazia europea, dal momento che “tutti i governi socialisti in Europa fanno a gara per tenersi buona la. Merkel perché al momento di sforare il Patto di stabilità, è la Germania che decide”.
Replica del fronte renziano
Puntuale, la replica del dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, secondo cui, se Massimo D’Alema “pensa di poter far meglio di Renzi può candidarsi alle primarie Pd del 2017”. Anche il renziano Lotti non si risparmia in sarcasmo mettendo in evidenza come il confronto tra i risultati ottenuti dalle leadership espresse dalle due anime del PD alle ultime elezioni nazionali demarchino indiscutibilmente il successo della “gestione Renzi”, rispetto alla precedente leadership di Bersani. “Reduce da felici circumnavigazioni estive – ha infatti affermato Lotti – l’onorevole presidente D’Alema sostiene che il partito democratico abbia perso 2 milioni di voti. Come noto, invece, il Pd nelle ultime elezioni nazionali ha preso nel 2013 il 25,2 % con la guida di Pier Luigi Bersani e nel 2014 il 40,8 % con la guida di Matteo Renzi”.
Riforme, Pd alla resa dei conti
Insomma, scambi di fine estate decisamente poco rassicuranti in previsione degli appuntamenti parlamentari imminenti. Al contrario, sembra che la miccia del confronto, sempre più scontro, interno al PD si stia riaccendendo proprio in vista dell’8 settembre, quando i lavori del Senato riprenderanno a pieno regime con il dibattito sulle riforme costituzionali. Il nodo centrale sull’elettiva o meno del nuovo Senato (articolo 2 del ddl) sembra proprio non volersi sciogliere e minoranza e maggioranza PD rimangono fermi sulle proprie posizioni, tanto che il vice segretario PD Matteo Ricci proprio ieri ha affermato che il ritorno alle urne sarà “automatico” laddove la “Riforma Boschi” dovesse arenarsi al Senato.
In realtà, l’ipotesi voto anticipato appare oggi fortemente aleatoria. Lo stesso sottosegretario Lotti nella sua replica a D’Alema aveva ribadito che “Le prossime elezioni nazionali si terranno nel 2018”.
I vertici PD sono infatti al lavoro per restringere le maglie del dissenso, fiduciosi che i 26 senatori “non allineati” si ridurranno di numero con il passare dei giorni, anche grazie ad un accordo che stanno faticosamente cercando di costruire i vari “pontieri” e mediatori per evitare la rottura definitiva.
Ricci: “O riforma Boschi o elezioni anticipate”
Accordo che sembra tuttavia non proprio a portata di mano, basti pensare al recente scambio tra Ricci, renziano DOC, e uno dei principali esponenti della minoranza, Vannino Chiti. In una recente intervista al Quotidiano nazionale, il vicesegretario PD Ricci ha infatti attaccato duramente una “sinistra Pd completamente staccata dal suo popolo”, minacciando, come riportato in precedenza, elezioni anticipate in caso di blocco delle riforme costituzionali.
Altrettanto dura la pronta replica di Chiti: “Minacciare elezioni da parte di chi oggi governa è il massimo dell’irresponsabilità di fronte alla crisi da cui non siamo usciti”. Il senatore ha poi evocato la difesa della Carta costituzionale per giustificare la strenua lotta che la sinistra PD sta portando avanti contro la maggioranza del suo stesso partito di cui l’attuale governo è espressione: “ai tanti ruggiti del topo che riempiono di frastuono l’aria va ricordato che la Costituzione viene prima dei governi”.
Silvia Barbieri