Mi spiace, ma non ce l’ho fatta. Dopo tre mesi alla guida del governo mi rendo conto di non essere riuscito a compiere nessun passo in avanti rispetto a qualsiasi altro esecutivo moderato. Ho cominciato applicando lo stesso schema che ho applicato alla guida di Firenze. Sì, è vero, anche lì ho lasciato tante cose incompiute, però la guida di un Paese è ben altra cosa, no? Ho giustificato il mio arrivo a Palazzo Chigi dicendo che avrei cambiato immediatamente la legge elettorale, per ora ancora ferma al palo. Poi son riuscito ad ottenere, a suon di colpi di fiducia, piccole vittorie: la misura di 80 euro in più al mese in busta paga per la classe media (smentita dai tecnici del Senato e che spero di convincere prima delle prossime elezioni europee), una riforma del lavoro che è un palliativo inutile e probabilmente dannoso ma che mi mette di buon occhio agli occhi dei conservatori e dei moderati, la riforma del Senato che è un pezzo forte (ma anche fortemente osteggiata).
Per fortuna, in tutto questo, i media non mi sono stati ostili, anzi. Praticamente il Tg di La7 ha sostituito gli aggiornamenti delle eNews (eheh!), i giornali mi hanno dato e continuano a darmi credito e posso presenziare dappertutto senza problemi di par-condicio: tanto nessuno si ricorda nemmen più che sono segretario del Pd!
Qualche intoppo c’è, anche a sorpresa: uno non può andare una volta al mese a Ballarò che ti capita di avere una domanda non concordata in toto. Forse ho reagito in modo troppo stizzito, quasi alla Grillo. Ma tanto mi basta un tweet per essere nuovamente venerato e giustificato da tutto il mondo del giornalismo italiano. Li convinco con poco.
Ora l’appuntamento delle urne per vedere quanto riusciamo a cambiare verso a queste elezioni. Il vero nemico è l’astensione, ma a me non conviene dirlo: se tutti si concentrano sulla percentuale, magari ottenuta con un numero di voti complessivamente inferiore a quelli raggiunti da Bersani alle ultime politiche, farò un figurone. Nel caso, malaugurato, in cui qualcuno dovesse fare qualche appunto dirò che alle europee, storicamente, c’è sempre stata un’affluenza inferiore. E poco importa che questa campagna elettorale sia stata pressante allo stesso livello delle elezioni politiche e che, per di più, ci sia anche un cospicuo turno di amministrative.
Un voto sommessamente richiesto, Matteo
P.S. A proposito, la chiusura la dedico a Firenze. In questi giorni ho sentito che Dario si è concesso da solo l’utilizzo di piazza della Signoria per il nostro comizio finale. Almeno lui, per una volta, è riuscito a mettersi d’accordo con se stesso.