“Bavaglio di Stato” la protesta di Giorgia Meloni che non indietreggia e dice stop immigrazione
La questione migranti continua ad essere il centro dell’agenda politica e delle campagne dei principali esponenti dell’opposizione. Questa volta però la ‘vittima’ della campagna contro i migranti è Giorgia Meloni. L’esponente di Fratelli d’Italia è stata infatti ‘ripresa’ dall’Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, secondo il quale l’ex ministro della Gioventù del governo Berlusconi si è spinta oltre con le dichiarazioni sull’immigrazione.
L’Unar ha infatti citato un articolo della Meloni sul quotidiano online stranieriinitalia.it, dove la leader FdI chiede di vietare l’immigrazione dai Paesi musulmani finché non avranno risolto “i problemi di integralismo e violenza interni alla loro cultura”. L’Unar ha inviato una nota formale, firmata da Marco De Giorgi, invitandola a “voler considerare, per il futuro, l’opportunità di trasmettere alla collettività messaggi di diverso tenore” rispetto al tema dell’immigrazione.
Meloni protesta e scrive a Renzi
Giorgia Meloni ovviamente non ci sta e rinvia le critiche al mittente, con una lettera indirizzata a Matteo Renzi. Nel messaggio inviata a Palazzo Chigi, la leader di Fdi afferma che se “una nota del genere fosse stata emessa da un governo di centrodestra nei confronti di un deputato dell’opposizione, sarebbe venuto giù il mondo. Non pretendo che tutti siano d’accordo con il mio pensiero, ma rivendico il diritto di esprimere le mie opinioni in libertà e coscienza. Ciò deve valere per qualunque italiano o italiana” – e ha aggiunto: “apprendo solo ora che l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, regolarmente finanziato dallo Stato con le tasse degli italiani, ha il ruolo di censurare le dichiarazioni rese dalle persone e dai membri del Parlamento italiano. Ne sono sconvolta”.
Nella lettera a Renzi, la Meloni continua a difendere la sua libertà di espressione, anche come cittadina: “io sono un parlamentare regolarmente eletto da alcuni cittadini italiani per sostenere le proprie opinioni politiche, ma prima ancora sono una cittadina italiana, e desidero affermare il mio punto di vista senza incorrere in censure governative” – aggiunge “per quanto riguarda i parlamentari, poi, proprio per evitare ogni equivoco in merito, la nostra Costituzione sancisce con l’art. 68 che ‘I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni’. Non mi risulta che questo articolo faccia parte di quelli modificati con le riforme istituzionali volute dal governo, anche se, a pensarci bene, sottoporre le dichiarazioni dei parlamentari a un nulla osta governativo rientrerebbe pienamente nello spirito ‘innovativo’ di questo esecutivo”.
“Un ufficio di valutazione e censura”
La Meloni continua con la critica all’Unar: “esiste dunque nella nostra Repubblica un ufficio ‘valutazione e censura’ delle opinioni. Esiste un sig. De Giorgi, burocrate pubblico, al quale è stato dato il potere (e il compito) di decidere cosa si possa e non si possa dire. E la cosa divertente è che lo stesso ‘ente’ che si permette di sindacare le mie opinioni è stato recentemente oggetto di polemica per aver promosso la distribuzione nelle scuole di opuscoli sulla teoria gender. Quindi a spiegarmi cosa potrei dire sono quelli che vorrebbero insegnare ai bambini delle elementari che maschi e femmine non esistono, perché il sesso biologico è solo un’invenzione dei benpensanti” – e aggiunge, rivolgendo si a Renzi “non voglio neanche sapere, presidente, quanto guadagnano. questi illuminati servitori dello Stato, perché gli italiani hanno già molte ragioni per essere arrabbiati con la politica e i suoi carrozzoni. Mi limito a far notare che potrebbero essere utilizzati per fare qualcosa di più utile, come ad esempio accertarsi che gli italiani non siano discriminati a casa loro nell’accesso ai servizi pubblici, agli alloggi popolari, agli asili nido”.
La Meloni non ha nessuna intenzione di ritirare le dichiarazioni sugli immigrati, ma rincara la dose: “ho affermato più volte, e qui ribadisco, che l’Italia dovrebbe dire basta all’immigrazione (finché la disoccupazione non scenderà a un livello accettabile) e che quella (piccola) quota di immigrati che reputiamo necessaria dovremmo prenderla da quei popoli che hanno dimostrato di non essere violenti e di integrarsi con maggiore facilità. Immagino che per un burocrate con De Giorgi anche gli svizzeri e i norvegesi siano extracomunitari al pari degli afghani e dei pachistani, ma io reputo (e con me qualche italiano), che l’immigrazione non sia tutta uguale” – e conclude “confermo e ribadisco ogni singola parola espressa. E rimango in attesa, curiosa di sapere cosa ci sia dopo il cartellino giallo mostratomi dal Governo”.
Ilaria Porrone