Case di riposo e temperamento: le prime rogne di Cuomo
Primavera 2020: nell’immobilismo dell’amministrazione Trump, a muoversi con decisione per contrastare la nuova pandemia sono i governatori dei singoli Stati. Tracciando delle linee generali, i repubblicani seguono una linea più reticente, con brevi e timide misure, mantenendo una direzione il più business friendly possibile. I democratici invece si schierano con decisione verso un approccio più aggressivo, in aperta polemica politica con l’amministrazione federale. Tra questi si distingue il governatore dello Stato più colpito durante la prima ondata: Andrew Cuomo di New York.
Con la sua conferenza stampa quotidiana da Albany diventa il volto della lotta al Covid. Sono questi i giorni delle immagini di New York City vuota, degli ospedali al collasso per la mole di pazienti, delle fossi comuni a Hart Island e della fuga dei residenti più ricchi verso le seconde case (chi agli Hamptons, chi nei Catskills). Ripercorriamo brevemente quei giorni:
- 1 marzo: primo caso di Covid nello Stato.
- 7 marzo: il governatore dichiara lo stato di emergenza, misura che permette all’esecutivo di rispondere prontamente alle crisi.
- 10 marzo: a seguito della scoperta di un cluster a New Rochelle (sobborgo settentrionale di New York City), Cuomo istituisce una containment zone, una sorta di zona rossa intorno all’epicentro del contagio.
- 12 marzo: vietati gli eventi con un pubblico maggiore di 500 persone; chiudono i teatri di Broadway mentre il contagio si avvicina alla città.
- 16-17 marzo: scuole pubbliche, esercizi di ristorazione e bar chiudono a NYC.
- 22 marzo: di fronte all’avanzata inarrestabile dell’epidemia, il governatore annuncia il programma New York State on PAUSE. Lockdown totale all’europea, solo i lavoratori essenziali possono spostarsi.
- 25 marzo: nella disperata ricerca di posti letto ospedalieri, l’amministrazione statale emana una direttiva destinata ad avere effetti tragici. Da questo momento in poi, le case di riposo sono obbligate a far rientrare propri ospiti dagli ospedali anche se infetti. Peggiorano i contagi nelle strutture.
E proprio le case di riposo sono la miccia della bomba politica che è scoppiata nelle ultime settimane ad Albany, la capitale di Stato, minando la popolarità e la credibilità di Cuomo. Anche la sua personalità, con lo stile imperioso che tanto aveva funzionato durante la prima ondata, è sotto esame.
La guerra o la strage?
Tra marzo e aprile, lo Stato di New York (e in particolare New York City) è l’epicentro dell’epidemia negli Stati Uniti – cosa che non si è più ripetuta. Come molti si aspettavano, una città così densamente abitata sarebbe stata preda facile per una malattia infettiva.
Come si vede dal grafico, la crescita dell’infezione è, come in Italia, repentina ed esplosiva. Di fronte al disastro imminente, il governatore adotta uno stile retorico ed esecutivo da tempo di guerra: il nemico-Covid va scovato e sconfitto, e quella che uscirà da questa battaglia sarà una nuova nazione, esattamente come è accaduto dopo la Grande Depressione e le guerre mondiali. In un momento caotico, Cuomo riesce a offrire una visione di politica basata sui fatti e su una leadership calma e composta. L’urgenza del momento e la credibilità acquisita anche con l’impegno di informare la cittadinanza mediante conferenze stampa quotidiane gli permettono di ricevere dal parlamento statale notevoli poteri d’emergenza. Siamo quindi in una fase di forte attività unilaterale da parte dell’esecutivo, con in testa il governatore e il suo dipartimento della sanità.
La direttiva del 25 marzo viene accolta con sconcerto nelle case di riposo, essendo chiaro (esempi nostrani lo testimoniano) che inserire malati di Covid in un ambiente pieno di anziani è la ricetta per una strage. A poco serve la successiva chiarifica che l’ammissione di pazienti positivi non sarebbe dovuta avvenire qualora la struttura non fosse preparata: la direttiva viene comunque interpretata come un obbligo vincolante. La prova che non si tratta di una svista, ma che si è consci di giocare con il fuoco, avviene con l’approvazione del budget statale poco dopo: al suo interno viene silenziosamente inserita una clausola che protegge non solo gli ospedali, ma anche le case di riposo, da azioni legali riguardanti il Covid nelle strutture. Nel frattempo, fioccano le morti. Ma quante?
Incongruenze
Il 6 luglio, per porre fine alle polemiche sulla circolare del 25 marzo, il dipartimento della salute pubblica un rapporto. Al suo interno si sottolinea come non ci sia una percentuale anomala di decessi fra gli ospiti. Conto totale: 6.432 ospiti morti nelle 613 case di riposo dello Stato. Causa dei contagi? Secondo il dipartimento, che non dimentica di menzionare di aver fornito prezioso supporto e materiale protettivo, a contagiare gli anziani sarebbero stati i dipendenti. Addirittura, si sospetta che durante il corso della pandemia, un quarto (!) di questi sarebbe stato positivo. Un esercito di asintomatici, quindi. E il governatore fende gli attacchi che continuano a provenire dai repubblicani come niente più di un teatro politico. I dati ufficiali sono dalla sua parte.
Ma a fine gennaio le cose cambiano radicalmente. La procuratrice generale dello Stato di New York, Letitia James (democratica), rilascia un rapporto agghiacciante. Nei mesi precedenti, nel silenzio dell’amministrazione, il suo ufficio indagava sulle case di riposo. I risultati sono la scintilla che fa scoppiare la bomba. E stavolta, i fatti non sono più d’accordo con la versione ‘ufficiale’.
Innanzitutto, è stato rilevato che il Department of Health ha contato come ‘morti in casa di riposo’ solo coloro che ci erano effettivamente deceduti all’interno. Chi si era contagiato in casa di riposo, ed era stato successivamente ospedalizzato, veniva contato semplicemente come decesso per Covid in ospedale. Ne consegue che le morti tra gli ospiti sono state sottostimate per circa il 55%. Non solo. Nello stesso rapporto si scopre che le case di riposo erano totalmente impreparate, vuoi per carenza di personale, vuoi per mancanza di equipaggiamento protettivo. Ci sono stati casi in cui gli ospiti positivi non sono stati isolati dagli altri, e generalmente c’è stata una gravissima carenza di comunicazione con le famiglie degli anziani. Ci sono innumerevoli racconti di parenti che non sapevano nemmeno che la madre o il padre avessero contratto l’infezione, e a cui è stata notificata la morte del genitore. Molti non avevano idea di che misure di protezione stessero venendo prese, né delle reali condizioni dei propri cari. E come ciliegina, il rapporto suggerisce che l’ammissione di più di 6.000 positivi all’interno delle strutture potrebbe aver peggiorato le cose.
In risposta, Cuomo inizialmente continua sulla stessa linea, difendendo un tasso di mortalità inferiore ad altri Stati. Poi, nuovi dati del Department of Health mostrano come i morti delle case di riposo sarebbero più di 15.000, il doppio rispetto a quanto prima riportato. Da più parti si accusa l’amministrazione di poca trasparenza, finché non spunta fuori l’ammissione di un braccio destro del governatore: l’amministrazione Cuomo ha effettivamente nascosto di proposito i veri dati perché non venissero usati come arma politica dall’amministrazione Trump. Effetto domino: i democratici stessi, che controllano il parlamento statale, condannano la condotta dell’amministrazione e votano per togliere i poteri d’emergenza al governatore, mentre giunge voce di un inizio di indagine da parte della procura federale. Di fronte a questa situazione, per una volta, è costretto a fare marcia indietro con delle quasi-scuse, riconoscendo l’errore fatto.
Accuse su accuse
Ma le rogne non sono finite. Ad essere sotto i riflettori è la personalità stessa di Cuomo, dipinto come un arrogante e un bullo. Ron Kim, un parlamentare statale (democratico), ha rivelato di essere stato pesantemente minacciato dal governatore nel corso di una telefonata serale. L’ufficio di Cuomo definisce Kim un bugiardo, ma per molti ad Albany è sembrato un episodio verosimile. Alcuni si sono spinti a dire che la sua strategia di governo è quella di creare paura, e che l’atmosfera nel suo ufficio è tossica. Basti solo pensare ai conflitti di competenza e alle frecciatine che hanno animato i rapporti tra New York City e il governo statale durante la pandemia, dando vita a un grottesco teatrino.
Per chiudere l’orribile febbraio di Cuomo, sono spuntate delle accuse di molestie. Mercoledì 24, Lindsey Boylan, ex assistente e ora candidata a borough president di Manhattan, ha dichiarato pubblicamente di aver subito più volte allusioni, e di essere stata, in una occasione, baciata e toccata dal governatore. Anche lei è stata bollata come bugiarda dal suo ufficio, ma tutto lascia intendere che non questa storia non verrà messa facilmente a tacere.
E infatti, pochi giorni dopo, nuove accuse piovono su Albany. Un’altra ex assistente, la 25enne Charlotte Bennett, ha accusato Cuomo di molestie. Nelle molteplici interviste di questa settimana riporta dettagliatamente di come un rapporto collaborativo, quasi famigliare, con il governatore si sia trasformato in una situazione soffocante durante la prima metà del 2020. Ripetute conversazioni che andavano ad indagare aspetti della vita privata della Bennett sono state da lei percepite come avances indesiderate. Pur avendo chiarito da subito di non essere mai stata nemmeno sfiorata, ha nondimeno sofferto grande angoscia a causa del comportamento di Cuomo. Questa volta, le accuse non vengono negate: lui stesso riconosce che le conversazioni a lavoro sfociano in curiosità per la vita privata, ma afferma di essersi sempre posto in una posizione di mentore. Giustificazioni rifiutate dalla Bennett, che descrive le sue azioni come quelle di “un individuo che usa il potere per evitare la giustizia”.
Il crescente clamore, con l’aumento di accuse e la nazionalizzazione mediatica della questione lo hanno portato a scusarsi pubblicamente per la prima volta, chiedendo alla procuratrice generale un’indagine indipendente per fare luce. Nel frattempo, chiede ai newyorkesi di aspettarne l’esito prima di dare il proprio giudizio sulla questione. Letitia James ha inizialmente rifiutato la proposta, per tornare sui propri passi una volta accolta la propria richiesta che chiunque capitanerà l’indagine avrà potere di convocare in giudizio. L’esplodere di queste ed altre accuse sta avendo ripercussioni molto rilevanti sulla tenuta del governatore, che analizzeremo nel prossimo capitolo su Cuomo.