Usa: in attesa dei caucus dell’Iowa che, insieme alla primarie in New Hampshire, danno tradizionalmente inizio alla corsa verso la sala ovale, gli analisti registrano un sempre maggiore consenso per il miliardario Donald Trump; apprezzata dall’elettorato repubblicano anche la controversa proposta di deportare 11 milioni di clandestini presenti sul suolo statunitense.
Usa: Trump affascina l’Iowa
Il dato è stato pubblicato da Bloomberg: quasi la metà (47%) di coloro che, si stima, parteciperanno ai caucus (riunioni assembleari di militanti) dell’Iowa sostiene quella che viene considerata la più controversa proposta di Donald Trump: deportare 11 milioni di immigrati clandestini.
Naturalmente il miliardario non ha chiarito i dettagli della sua attuazione che, secondo il think thank conservatore American Action Forum, potrebbe costare 400, o addirittura 600, miliardi di dollari e che richiederebbe almeno 20 anni per essere portata a compimento. I sostenitori degli altri candidati repubblicani alla Casa Bianca dal canto loro rimangono piuttosto scettici rispetto alla proposta: il 40% ritiene che sia una buona idea, mentre il 45% la boccia completamente.
Nonostante ciò, il 90% dei possibili partecipanti ai “caucuses” dell’Iowa ritiene che il tema “immigrazione” sia uno dei punti forti di Trump, dopo il “commercio internazionale”, la “creazione di posti di lavoro” e il “miglioramento delle condizioni economiche della classe media”.
Usa: Mr. Trump’s America
La candidatura di Donald Trump sta causando più di un bruciore di stomaco all’establishment del Grand Old Party: il suo consenso, sempre secondo il sondaggio effettuato tra i possibili partecipanti ai caucus dell’Iowa, è del 5% superiore a quello accordato a Ben Carson (uomo “nuovo” del partito, tra l’altro, primo chirurgo a separare due gemelli siamesi) e del 10% superiore a quello accordato agli altri candidati.
Se fino a qualche mese fa si era sicuri che le sue “cialtronate” ben presto l’avrebbero escluso dai giochi, adesso, che anche le sue proposte “politiche” vengono prese sul serio, c’è da correre ai ripari. Infatti, se in una rilevazione risalente a maggio, il 58% degli stessi militanti intervistati oggi diceva che non avrebbe mai votato per Trump, a tre mesi di distanza, la percentuale di coloro che sono rimasti fermi nella loro convinzione è del 29%. Allo stesso modo, i militanti che affermano di essere disposti a votarlo, dal 34% che erano, sono arrivati a quota 68%.
Il The Economist, fortemente agguerrito contro la candidatura di Trump, fotografa la situazione. Sostanzialmente la sua “salsa segreta” è formata da due ingredienti: auto-promozione disancorata dalla realtà e demagogia con retrogusto di “anti-politica”. Trump è, in pratica, un candidato “rozzo”: questo tratto viene scambiato dagli elettori – soprattutto da quelli che si sentono traditi dall’attuale classe politica – per “autenticità”. Anche se la “pancia” repubblicana spesso è rimasta affascinata dai populisti – scrivono sull’Economist – alla fine gli elettori si sono sempre schierati con il candidato più “mainstream”.
Tuttavia, la grande quantità di candidati alle primarie con conseguente dispersione di voti, oltre alle risorse economiche che Trump può mettere in campo, lo rendono molto pericoloso (anche se proprio in queste ore, per la prima volta, ha detto che, in caso di sconfitta, sosterrà il candidato del partito e, quindi, non correrà da solo). “In alcuni paesi i demagoghi a volte vincono le elezioni, non vi è ragione di ritenere che l’America sia immune a quest’eventualità, dunque, gli elettori repubblicani dovrebbero ascoltare Trump e poi votare per qualcun altro” concludono dal The Economist.