Da una parte la minoranza dem, capeggiata da Bersani, che invoca a gran voce il ripristino dell’elettività dei senatori, alla luce delle notevoli modifiche all’assetto istituzionale apportate dall’Italicum. Dall’altra, Renzi e la sua maggioranza, costretti giocoforza a concedere qualcosina ai dissidenti pur di salvare il ddl Boschi. E con esso, di conseguenza, il governo.
La partita sulle riforme costituzionali si gioca tutta su una diversa composizione del Senato e sui meccanismi di designazione. Il presidente del Consiglio non vorrebbe tornare all’elettività di Palazzo Madama, ma pur di mettere la parola fine alla contesa che da mesi ormai vede contrapposte, come Guelfi e Ghibellini, le due “anime” del suo partito, è disposto ad aprire su alcuni punti.
Senato: l’ipotesi del listino, ma non solo
Quella del “listino” rappresenta l’ipotesi di compromesso più solida tra i renziani e la minoranza Pd: in pratica, in occasione del voto per le regionali, sulla scheda elettorale sarà possibile riconoscere i candidati che, se eletti, andranno a sedere tra i banchi del nuovo Senato. Una soluzione ibrida che consentirebbe al governo di aggirare il trappolone dell’articolo 2 e darebbe ai cittadini la possibilità di mandare i propri rappresentanti a Palazzo Madama, senza però resuscitare l’elezione diretta.
Nel ventaglio delle opzioni, insieme ad un eventuale aumento del numero dei senatori rispetto ai 100 previsti oggi dal ddl Boschi, c’è anche quella che prevede come ogni Regione possa scegliere i propri rappresentanti in Senato a seconda della legge elettorale adottata per la formazione del Consiglio regionale.
Esempio: se una Regione ricorre alle preferenze, diventerà senatore chi ne otterrà di più. Se invece in una Regione ci sono i listini bloccati, allora saranno i capilista ad approdare a Palazzo Madama. Del nuovo Senato, infine, dovrebbero far parte anche i presidenti di Regione, perché altrimenti il valore di Palazzo Madama sarebbe inferiore a quello della Conferenza Stato-Regioni.
Senato: intesa vicina, primi colloqui con i bersaniani
L’intesa, comunque, non è lontana. “La Repubblica” parla di un vertice a Palazzo Chigi tra Renzi, Boschi, Zanda e Finocchiaro avvenuto mercoledì sera, e di “primi contatti informali” con i bersaniani iniziati nelle ultime ore. Conversazioni che, almeno per ora, non vedono impegnato il premier in prima persona. Il percorso ormai è tracciato. Renzi vuole che la riforma incassi l’ok dell’aula entro la prima settimana d’ottobre, in modo da procedere con le unioni civili e la legge di stabilità. Le posizioni non sono lontane: ora tocca vedere se dal Vietnam si passerà ad una pax Augustea.