C’è una campagna referendaria in atto ma pochi lo sanno. A promuoverla è Pippo Civati, ormai ex componente di spicco del Partito Democratico, fondatore del movimento politico “Possibile”, epigono italiano dello spagnolo “Podemos”.
I quesiti sono otto, e due hanno come obiettivo la modifica della legge elettorale (eliminazione dei capilista bloccati e delle candidature plurime, eliminazione del proporzionale con premio di maggioranza), il tema che più di tutti ha causato l’abbandono del PD da parte di Civati. Altro tema su cui i quesiti insistono è la modifica del Decreto Sviluppo (governo Monti) e dello Sblocca Italia (governo Renzi) nelle parti in cui, rispettivamente, facilitano le trivellazioni in mare e ritengono strategiche le trivellazioni stesse (permettendo iter autorizzativi facilitati). Vi è, inoltre, l’intenzione di eliminare le procedure speciali per le grandi opere, già definite “criminogene” dall’Autorità anti-corruzione. Gli ultimi tre quesiti del referendum riguardano invece il mercato del lavoro (no al demansionamento, tutela al lavoratore per licenziamento illegittimo) e la riforma della scuola (si chiede la soppressione della chiamata diretta da parte del preside dell’istituto).
A circa tre settimane dalla scadenza per la raccolta delle 500mila firme necessarie (ne sono arrivate circa 150mila), il movimento referendario ha incassato il sì del deputato 5 stelle Alessandro Di Battista, che ha definito i quesiti delle “cause giuste”, ma anche dei sonori no all’interno di quell’area politica, dai delusi del Pd al Movimento 5 Stelle passando per SeL e Landini, in cui “Possibile” dovrebbe trovare il proprio bacino di voti e di idee.
Referendum, il sì di Di Battista (M5S)
Di Battista, infatti, ha tenuto a precisare che la sua decisione di firmare a sostegno del referendum non va strumentalizzata e considerata come un impegno dell’intero Movimento. All’interno dell’elettorato 5 stelle, ad esempio, i temi ambientali come quelli richiamati dai quesito 3, 4 e 5 sulle trivellazioni e sul consumo di suolo sono molto sentiti, e la firma di Di Battista potrebbe costituire un importante patrimonio di firme se dovesse arrivare il sostegno in blocco dell’intera formazione politica.
Chi si sfila
Se è in qualche modo prevedibile il silenzio della minoranza PD, deludente è la freddezza con cui Nichi Vendola ha accolto i referendum. Potrebbe essere l’avvicinarsi delle elezioni amministrative la ragione strategica dell’atteggiamento distaccato con cui SeL sta trattando l’iniziativa di Civati, dato che il proprio leader, negli ultimi giorni, ha considerato possibile l’alleanza col PD in primavera. Un atteggiamento ondivago quello di SeL, di lotta e di governo, che mortifica la costruzione di una proposta politica alla sinistra del PD.
Iniziative distinte verranno poi dalla CGIL, con il proprio coordinamento scuola, e dalla Lip, movimento legato alla “Coalizione Sociale” di Landini. Per la CGIL, tra l’altro, si può parlare di vero e proprio dietrofront, poiché inizialmente il sindacato aveva dimostrato di condividere l’iniziativa di “Possibile”. Il pesante no di Landini ha addirittura il sapore di un gran rifiuto, poiché era stato Landini stesso, dopo l’approvazione del Jobs Act a definire “necessario” un referendum per la sua abrogazione. Ma il segretario della FIOM e leader in pectore della “Coalizione Sociale” ora glissa, rimettendosi alle decisioni della CGIL e non sottoscrivendo una raccolta firme organizzata, a modo di vedere suo (e di Di Battista), in un tempo troppo breve per coinvolgere un solido blocco sociale.
Forse per il timore di una sonora sconfitta data dal fallimento della raccolta firme, nessuna formazione politica sembra voler mettere la faccia su questa campagna, così il fronte anti governo che si muove alla sinistra del PD resta ancora frazionato, bloccato tra un attendismo mortifero e un movimentismo troppo di nicchia perché possa produrre un’alternativa credibile di governo su scala nazionale.
Francesco Angelone