Prosegue il duello all’interno del Partito Democratico sulla riforma costituzionale che riprende oggi il suo iter parlamentare al Senato. Proprio nel giorno in cui è convocata la riunione dei senatori PD per decidere la linea comune che il partito dovrebbe seguire al momento delle votazioni, a serrare le file è l’ex segretario PD Pier Luigi Bersani. Dopo che il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel salotto di Bruno Vespa ha ribadito la volontà di trovare “un’intesa sulle riforme” con la minoranza del proprio partito, senza dover però “ripartire da capo”, a rispondergli stamane è proprio l’ex segretario del PD, il quale ai microfoni di Radio Anch’io ha affermato: “Non si tocca l’articolo 2 della riforma? Renzi ha ragione a chiedere che non si apra un vaso di Pandora, ma poi c’è il libero convincimento”.
Bersani: davanti alla Costituzione non c’è disciplina di partito
E ancora: “Non si può chiamare alla disciplina di partito davanti alla Costituzione. Non si è mai fatto in nessun partito”. Dinanzi alla possibilità che il PD possa spaccarsi e possa materializzarsi la scissione che è nell’aria da diverso tempo, Bersani è lapidario: “Spaccare il PD sulle riforme? Io sono per il sì, non per il no (alla riforma costituzionale, ndr). Ma qui non è in gioco il superamento del bicameralismo perfetto, il doppio voto di fiducia. Tutti vogliono la riforma e intendono portarla in porto, qui è in gioco se, dopo la legge elettorale, noi possiamo avere un Parlamento dove la grandissima parte dei membri viene scelta a tavolino”.
“Non mi risultano tentativi di mediazione”
In particolare, l’ex segretario esclude che da parte del premier ci sia stata una vera volontà di dialogo con la minoranza dem, di cui Bersani è il principale esponente: “La questione è questa e qui non c’è Bersani ma il libero convincimento di un numero di senatori con i quali bisogna discutere e trovare una soluzione. Non mi risultano tentativi di mediazione”. Quanto all’ipotesi listino e al cosiddetto lodo Finocchiaro-Boschi, elaborato proprio per venire incontro alla richiesta della minoranza e delle opposizioni di modifica dell’articolo 2 del DDL, “è priva di sostanza”, poiché “non si può scrivere una cosa in un articolo e poi correggerla in un altro”. La soluzione è una: “sì a un ruolo degli elettori. Punto”.
Senatori minoranza Pd tengono punto
“Una intesa nel Pd sulla riforma del Senato è possibile solo se si modifica l’articolo 2 del ddl”. Tengono il punto, i senatori della minoranza Dem, a poche ore dall’assemblea del gruppo con Renzi. Alcuni di loro si sono visti questa mattina a Palazzo Madama per definire la linea e hanno confermato il pacchetto di emendamenti al testo e la richiesta di cambiare l’art. 2 che riguarda la composizione del Senato. “Siamo in 28, nessuna defezione”, assicurano i senatori della minoranza. “Renzi – è la loro richiesta – apra alle modifiche”.
Una strada piena di ostacoli, dunque, per l’approvazione della legge che dovrebbe modificare l’architettura istituzionale dello Stato. A meno che ad intervenire in soccorso del governo non sia il gruppo ALA dei Verdiniani che, più o meno pubblicamente, ha espresso la propria volontà di appoggiare il percorso di riforme del segretario-premier.
Francesco Ferraro