Matteo Renzi “nessuna manovra correttiva” Premier alla Cgil “non faccia politica”
Dopo giorni nei quali si pensava ad una ripresa della crescita del Prodotto Interno Lordo italiano, ieri l’Istat ha presentato i dati del primo trimestre 2014, quello appena trascorso: -0,1%. Dopo, quindi, un ultimo trimestre 2013 positivo, si torna indietro. Su base annuale si va anche peggio: -0,5%. Il che avrebbe fatto pensare ad una manovra correttiva da parte governativa che, tuttavia, attraverso il premier Matteo Renzi, risponde immediatamente fugando ipotetiche nuove tasse o tagli alla spesa.
A Radio24 il Presidente del Consiglio afferma come “escludo una manovra correttiva, di solito le manovre si fanno per mettere nuove tasse ed invece noi dando 80 euro a 10 milioni di italiani facciamo ridistribuzione, con una misura che anche alla luce dei dati Pil è anticiclica”. Al contrario Renzi rilancia sugli 80 euro, dal 2015 indirizzabili anche ad altre categorie: “il prossimo anno lo faremo. Mi dispiace molto che non siamo riusciti a metter dentro pensionati, partite iva e incapienti. Spero che riusciamo a farlo con la legge di stabilità, cioè con il documento che si fa nell’ottobre-novembre 2014”. Quindi, minimizza sui dati Istat: “abbiamo dati sostanzialmente uguali a quelli di Francia e Germania. Si deve accelerare sulle cose necessarie per il rilancio”.
Il discorso, infine, passa sui rapporti Palazzo Chigi – Cgil. Praticamente rottura tra Renzi e Camusso. Partendo da un orizzonte di vedute differenti (“Abbiamo idee diverse ma può essere un elemento incoraggiante per il Pd e per la Cgil”), attacca il sindacato di Corso Italia 25: “se volevo fare il segretario della Cgil mi candidavo lì, anzi no perché nella Cgil non ci sono le primarie. Sia chiaro che il 25 maggio chi vota Pd non vota per la Cgil”. Ed aggiunge: “noi non abbiamo paura di dire che il Pd non è il sindacato e chi vota il Pd il 25 maggio non vota il sindacato”, marcando bene la differenza tra le diverse istituzioni che ri evidenzia a fine intervista, affermando come il sua problema sia “quando il sindacato vuol fare politica o peggio ancora quando si occupa di formazione, di quei business”.
Daniele Errera