Italia ultima in Europa per crescita inclusiva e sviluppo, il report del WEF
Italia ultima in Europa per crescita inclusiva e sviluppo, il report del WEF
Il WEF (World Economic Forum) non è solo l’incontro annuale a Davos a febbraio tra i massimi esponenti del mondo politico e finanziario mondiale, e che finisce sotto i riflettori dei media mondiali per questo motivo, ma soprattutto una fondazione svizzera nata nel 1971 che dichiara di avere la mission di “impegnarsi nel migliorare lo stato del mondo coinvolgendo leader del campo accademico, economico, politico per guidare le agende globali, regionali e aziendali verso questo scopo”.
La crescita viene favorita da una maggiora uguaglianza
Tra le attività vi è quindi anche il monitoraggio delle performances dei Paesi, sia quelli avanzati, sia quelli a basso reddito, in particolare in relazione alla crescita e allo sviluppo inclusivo, con una particolare attenzione ai livelli di disuguaglianza e di sviluppo inclusivo, che coinvolga anche i redditi più bassi.
Per il WEF non si tratta di semplice buonismo, ma nel proprio report, uscito il 7 settembre, cita quelle che per la Fondazione sono evidenze che mostrano come un minore indice di Gini, la misura unanimente riconosciuta della disuguaglianza, sia correlato a una maggiore crescita in 10 anni:
Di fatto un’opera di redistribuzione del reddito e in generale politiche mirate a migliori opportunità per i redditi più bassi, tramite per esempio l’istruzione, o anche la trasparenza che aumenti la meritocrazia favoriscono la crescita del PIL.
Il WEF ha individuato 7 pilastri per una crescita sostenibile:
Come si vede l’educazione gioca un ruolo primario, come naturalmente la produttività del lavoro, e altri fattori che sono un misto tra elementi economici e no, dall’accesso agli strumenti finanziari, alla lotta alla corruzione.
Italia: crescita debolissima, ma è la corruzione l’handicap peggiore
Come si piazza l’Italia davanti a questi elementi? Male, molto male
Innanzitutto è tra i Paesi con un maggior grado di disuguaglianze, superata in Europa solo da Grecia, Spagna, Portogallo e Inghilterra:
In realtà come si vede prima delle tasse e dei trasferimenti l’Italia non risulta avere un indice di Gini molto più alto della media, essendo minore di Francia, Germania, Estonia, Irlanda, simile a quello svedese, ma è quindi l’intervento statale che appare essere meno efficiente di quello di questi Paesi nel diminuire la disuguaglianza.
I risultati peggiori però sono quelli relativi ai sette pilastri che abbiamo visti. Le performances sono divise nel seguente modo:
Ebbene, l’Italia si pone nel 20% più basso in tutti e sette i pilastri!
In particolare otteniamo i punteggi più bassi nella qualità dell’educazione, nella produttività del lavoro, nella diffusione del possesso di asset finanziari, oltre che a capitoli che conosciamo bene come la crescita media degli ultimi 10 anni, tra i pochissimi Paesi con un dato negativo o l’alto debito pubblico, ma anche una delle minori quote salari del reddito, ovvero della parte di ciò che viene prodotto che va nelle tasche dei lavoratori, solo il 42%, rispetto per esempio al 57% della Germania!
E’ poi la peggiore tra i Paesi avanzati nel pilastro riguardante la corruzione e, in particolare, l’etica degli amministratori pubblici, con un punteggio di 3, a fronte di un 6 della Danimarca, per esempio, e l’infrastruttura digitale, in cui raggiunge 4,7, contro il 6,1 della Svizzera
Il WEF nella sua nota finale sull’Italia mette infatti in primo piano la preoccupazione per l’alto livello corruzione e la ridotta etica pubblica, che ,fa notare, necessariamente influenza tutti gli altri campi. La disoccupazione poi è alta, ed è larga la fascia di popolazione che lavora in situazioni vulnerabili, per esempio in nero o in part time involontario, in particolare le donne il cui tasso di occupazione è tra i più bassi. La creazioni di nuove realtà imprenditoriali non è sufficiente a generare nuovo lavoro, e il credito non è disponibile in modo rapido. Infine il sistema di protezione sociale è realizzato in maniera insufficiente e inefficiente così da generare un maggiore senso di esclusione che in altri Paesi.
D’altronde la situazione, soprattutto sull’ultimo punto, è ben descritto dal grafico di seguito dove sono paragonati i risultati in 6 pilastri, a confronto con il settimo, ovvero la quantità e la qualità dei trasferimenti fiscali, e dell’azione quindi di incentivo e protezione sociale:
Si vede come vi sia una correlazione netta tra i risultati in tutti i campi dello sviluppo di un Paese e la qualità del welfare state, e l’Italia è al penultimo posto dopo la Grecia, a causa anche del quartultimo posto nell’efficienza ridotta del proprio welfare