Riforme, la profezia di Brunetta (FI): “Al Senato il governo cadrà”
“Attualmente al Senato Renzi è sotto di 40 voti: 25-30 senatori della minoranza Pd e 10-15 di Ncd hanno detto che le riforme così non le votano. Al Senato molto probabilmente cadrà il suo governo Come faccia a mostrarsi sicuro e tranquillo questo non lo so, fatti suoi”. A diffondere la “profezia” sulle sorti dell’esecutivo è Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia, intervistato da SkyTg24, a margine della manifestazione degli azzurri. Ma l’esponente forzista non è l’unico a sottolineare le difficoltà numeriche presenti nella maggioranza di governo.
“Quando parlo di alcuni senatori mi riferisco a quelli che pubblicamente hanno dichiarato di essere contrari a queste riforme. Non sto svelando nulla di nuovo e non c’è nessun mistero”. A evidenziare le defezioni – pur non entrando nel merito di eventuali crisi di governo – è anche Renato Schifani, presidente dei senatori di Area Popolare. Che aggiunge, parlando dalla festa dell’UdC a San Giovanni Rotondo: “La riforma è collegata, nel loro malessere, all’eventuale ipotesi di cambio della legge elettorale, perchè ritengono che con questa legge elettorale, così com’è, non sia consentito a un partito come il nostro di correre mantenendo inalterata la propria identità”. E sull’Italicum Schifani dichiara: “Io mi auguro venga modificato”.
Riforme, gli avvertimenti della minoranza dem
“Si vuole un Senato di sindaci e consiglieri? Sì o no? Oppure si vuole, ma è cosa ben diversa, che i cittadini italiani stiano buoni buoni, da una parte mentre i gruppi politici nei consigli regionali trattano e negoziano, per individuare chi mandare al Senato?”. La domanda arriva da Vannino Chiti, senatore PD dissidente. Che rincara la dose: “Si intendono precisare, come è giusto, funzioni e competenze del Senato superando l’istituto di fiducia ai governi, oppure di fatto si vuole trasformare il Senato non in una Camera legittimata comunque dai cittadini ma in una specie di dopolavoro istituzionale?”. L’esponente dem appoggia la soluzione che avvicina “il Senato al Bundesrat tedesco, attraverso una composizione che assicuri la presenza dei sindaci dei comuni capoluogo di Regione, dei presidenti delle giunte e degli assessori regionali, determinando il voto unitario per delegazioni territoriali”. Ciò che resta ineludibile è però la necessità di introdurre modifiche all’art.2: “non è la pretesa politica di una minoranza faziosa: sono le regole che presiedono ad una corretta legislazione, sempre necessaria, obbligatoria quando si tratti della Costituzione, la nostra Carta fondamentale”. E spiega: “Chi fa dell’ articolo 2 un ‘mantra’? Chi sostiene che vada nel merito cambiato e ne motiva le ragioni oppure chi ne sancisce l’intangibilità per incomprensibili motivi di bandiera? Anche i testi sacri, la stessa Bibbia, sono stati sottoposti a valutazioni critiche e a cambiamenti nelle interpretazioni nel corso dei secoli”.
Categorico anche il collega di partito – e di mal di pancia – Roberto Speranza, ex capogruppo alla Camera intervistato da QN: “Con l’Italicum, legge elettorale che produce una Camera di nominati serve un Senato delle garanzie: ai cittadini va restituita la possibilità di scegliere direttamente i loro rappresentanti”. E precisa: “Non ci stiamo dividendo sul colore della cravatta di Renzi, ma su temi di merito: lavoro, tasse, riforma elettorale e costituzionale. Ma questa discussione la faccio e la voglio fare dentro il Pd: fuori ci sono solo i populismi di Grillo, Salvini e Berlusconi. Ecco perchè alla scissione dico non tre volte, ma dieci volte no”.