Il bracconaggio degli elefanti in Tanzania ha raggiunto livelli così allarmanti che questi animali simbolo potrebbero sparire dal paese in soli sette anni. A dirlo è uno studio della Nazioni Unite e, in questo caso, non si tratta solo di un problema ambientale e naturalistico. Per la Tanzania, meta turistica importante in particolare per i parchi e gli animali, la scomparsa degli elefanti, o la loro drastica riduzione, è un problema economico gravissimo. In Tanzania, secondo questo studio, vengono uccisi ogni giorno circa trenta elefanti.
Secondo gli esperti del paese africano a questo ritmo l’elefante in Tanzania sarà un animale “estinto” entro il 2020. A compiere lo scempio e l’attentato alla economia del paese è la complessa rete del bracconaggio all’interno e all’esterno del paese che controlla un fiorente traffico illegale che, di fatto, sottrae alla Tanzania una risorsa cruciale.
A dimostrazione di quanto la Tanzania sia colpita da questo traffico c’è il fatto che l’anno scorso le autorità avevano lanciato una controversa campagna di lotta al bracconaggio, autorizzando i guardiani dei parchi nazionali a “sparare per uccidere” i bracconieri pur di difendere gli elefanti. Il numero degli animali uccisi era diminuito drasticamente ma l’operazione è stata sospesa per via delle accuse di abusi da parte delle guardie contro la popolazione.
La caccia illegale degli elefanti (e dei rinoceronti) è alimentata dalla forte domanda di zanne e avorio in Asia e Medio Oriente. Si dice sempre, di questi tempi, che le economie emergenti sono una chance per l’economia e il commercio con l’Africa. In questo caso sono un danno, grave. E’ come se improvvisamente la pietra con la quale è edificato il Duomo di Milano o il Colosseo di Roma diventasse preziosa. E il nostro miglior partner commerciale ed economico la volesse comprare.
Raffaele Masto