Molto brevemente il gruppo dirigente del PD non ama le primarie, né le capisce e tanto meno capisce e, peggio ancora, si sforza di capire gli attuali meccanismi del consenso che gli sfuggono da due lati: quello della rete – che per loro è assolutamente alieno- e quello locale – sul quale si “limitano” a non aver nessun controllo né conoscenza approfondita. E lasciatemelo dire questo aspetto mi pare persino più grave del primo data la provenienza culturale di tale gruppo dirigente.
Ora nelle realtà medio-piccole, dove magari è più forte il radicamento del partito e meno peso hanno le nuove tecnologie, questi meccanismi rimangono più o meno sotto controllo, ma nelle grandi città (Napoli, Genova, Palermo, Milano, Firenze) questo non è possibile, da cui i risultati a sorpresa, magari anche contraddittori, con ad esempio a Milano un PD sconfitto alle primarie ma praticamente primo partito in città.
Per cui si, alla fine il problema non è il (solo) Bersani, ma tutto il gruppo dirigente del PD, eletto guardacaso dai soli iscritti, i.e. massima espressione dell’apparato, che non riesce a capacitarsi del perché la’ dove ci sia necessita’ di una scelta importante gli elettori non li seguono. E non si capacitano perché non si rendono conto che l’apparato di partito è ormai una cosa a se stante rispetto alla società italiana e loro ne sono l’espressione.