L’India cambia verso – anche se lo spoglio dei voti non è ancora ufficialmente terminato – il risultato appare chiaro: Narendra Modi, leader dei Nazionalisti indù, sarà il nuovo premier indiano. I risultati preliminari del conteggio hanno già consegnato ben più della maggioranza dei seggi necessaria a governare, 272 su 543 complessivi, al BJP – il partito di Modi – mentre la coalizione, di cui il Bharatiya janata party è il perno, ne occuperà in tutto più di 300.
Il Congresso, il partito della dinastia Nehru-Gandhi, è in caduta libera e non ha potuto che confermare la clamorosa debacle: il più grande partito di sinistra del mondo che ha governato l’India – tranne che per una breve parentesi – ininterrottamente a partire dalla sua Indipendenza è stato asfaltato dal partito nazionalista. Secondo il Times of India, in alcune zone del paese, The Congress, ha perso quasi il 100% dei voti come nella capitale, dove i nazionalisti hanno “derubato” il partito di Sonia Gandhi del 96% dei consensi, impedendogli di conquistare anche un solo deputato parlamentare a New Dehli.
L’ultimo erede della famiglia Gandhi, Raoul di 43 anni, ha combinato un vero disastro e solo per miracolo verrà eletto nel suo distretto – i sostenitori del “Congresso” gli hanno sempre preferito la sorella Priyanka – per gli esponenti del BJP “ha perso la politica dinastica, la politica ereditaria, la politica dell’investitura”.
La stampa internazionale – in particolar modo quella americana – negli ultimi mesi si è palesemente dichiarata contro il vincitore “annunciato” Narendra Modi – anche se pochi prevedevano un tale successo – che rimane un “estremista” per larga parte dell’opinione pubblica mondiale. Adesso che i risultati non lasciano scampo ai suoi avversari si spera che Modi mostri anche il suo volto liberale, già espresso come governatore del Gujarat, regione trasformata dalla sua opera di governo (nonostante le persecuzioni nei confronti della minoranza musulmana), tuttavia, è facile prevedere che Modi dovrà pagare dazio anche a quelle frange ultranazionaliste che rimangono una parte importante del suo elettorato.
Guglielmo Sano