In tantissimi lo hanno acclamato, qualcuno lo ha criticato ed uno, Cesare Cremonini, lo ha anche cantato. Da quando Baggio non gioca più, non è più domenica… non è più domenica da dieci anni ormai.
Era il 16 maggio del 2004, la cornice era quella più adatta: il Giuseppe Meazza. Un Meazza colmo di tifosi, pronti a festeggiare lo scudetto del Milan e ad alzarsi in piedi per dare l’ultimo saluto all’ultimo grande campione italiano: Roberto Baggio. Quando il quarto uomo indica che sarà il numero 10 del Brescia a lasciare il campo, il tempo si ferma, il pubblico trattiene il fiato. Forse non è vero, forse è solo uno strano sogno. Fatto sta che il momento è uno dei più commoventi che la storia del calcio abbia lasciato ai tifosi italiani. Commovente come quella frazione di secondo di dieci anni prima a Pasadena, quando proprio Baggio sbagliò il rigore che ha assegnato il mondiale USA al Brasile.
Lascia il campo in lacrime dopo l’abbraccio di Paolo Maldini, che smise esattamente cinque anni dopo, e si dirige negli spogliatoi dove, alla domanda “Come ti senti?” del suo procuratore Petrone, risponde: “Ho dato tutto”. Uomo dallo sguardo lucido, di poche parole, sempre soppesate e mai fuori posto, Baggio ha diviso l’Italia per quindici anni prima di ritirarsi. Storica è la frase di Sermonti: “Alcuni calciatori hanno costruito una fetta importante della storia contemporanea. I miracoli di uno come Baggio non hanno niente da invidiare alle performance di Marlon Brando” o l’apprezzamento di Gianni Agnelli: “Non lo scriva, o se lo scrive, lo metta giù con garbo: Roberto Baggio è il più grande giocatorino che abbia conosciuto. Gli voglio bene”. Ugualmente impressa nelle antologie del calcio italiano sono le parole di Gianni Brera: “Roberto Baggio porta il codino: è troppo eccentrico per non dare nell’occhio. Ancora: il suo gioco è troppo particolare e disagevole per riuscire sempre al meglio. Il pregio di Platini era la semplificazione. Baggio è un asso rococò: mette il dribbling anche nel caffellatte. Solo sul piano balistico eguaglia Platini, non già nella misura del gioco.”
Nonostante abbiano diviso le sue prestazioni sul campo, non hanno mai avuto gli onori della ribalta quelle fuori, anzi. Nel 2010 Baggio si era buttato con tutto se stesso nel suo nuovo incarico di Presidente del Settore Tecnico della Federazione, ma tre anni dopo, non avendo mai riscontrato l’applicazione del suo programma iniziale da parte della federazione, abbandona l’incarico. Forse è da quel sentimento di inadeguatezza verso il mondo del calcio di oggi che Divin Codino trae le parole, rivolte ai giovani, che scandisce in diretta dal Festival di Sanremo e che racchiudono il “Baggiopensiero”. Semplice lineare, fantastico, da Numero 10.
Roberto Baggio – febbraio 2013