La riforma costituzionale sarà da domani all’esame dell’Aula del Senato. Lo ha deciso a maggioranza la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama che si è appena conclusa. L’accelerata impressa ieri dal premier Matteo Renzi (“La riforma del Senato va approvata prima del 15 di ottobre“) ha trovato la sua conferma oggi. “Avevano già organizzato tutto. Si comincia domani e si continuerà ad esaminare il ddl riforme fino a venerdì, per poi proseguire la settimana prossima. È stata tutta una procedura forzata contraria allo spirito costituzionale dell’articolo 138” afferma la presidente del gruppo Misto Loredana De Petris. “È arrivato ieri il diktat di Palazzo Chigi di fare così e loro hanno obbedito. La presidente della commissione Finocchiaro ha dichiarato ieri l’inammissibilità degli emendamenti per far trovare Grasso davanti al fatto compiuto”.
Le opposizioni insorgono (“E’ una forzatura inaccettabile”) mentre Roberto Speranza, ex capogruppo Pd alla Camera, avverte il premier: “Un accordo sulle riforme si può ancora fare, ma dipende da Renzi. La prova muscolare della conta in direzione non serve a nulla”. Lunedì in direzione sarà presente anche il premier. Facile pensare ad una resa dei conti finale tra governo e minoranza. Ma l’ex premier Pier Luigi Bersani frena: “Siamo tutti impegnati a sostenere il governo, a partire dai temi di governo. Nessuno lo vuole fare cadere. Bisogna però lasciare un po’di margine al Parlamento sui grandi temi costituzionali”.
Il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini, rassicura: “Io non parlerei di strappi, siamo dentro un percorso di confronto tra di noi e vi possono essere posizioni diverse su alcuni aspetti del disegno di legge sulla riforma costituzionale. Però quello che conta è arrivare in fondo a questo lavoro, farlo portando dentro tutto il Partito democratico. Se ciascuno guarda il percorso che abbiamo compiuto fino a oggi e le posizioni che il partito ha avuto negli anni passati su questo tema trovo tutte le ragioni per poter votare questa riforma”.
Intanto Renato Schifani fa rientrare il problema Ncd, smentendo di fatto il collega di partito Quagliariello:”Non c’è legame tra voto sulle riforme e cambiamento della legge elettorale”.
Riforme, addio dialogo?
ReteDem, la corrente del Pd a cui hanno aderito alcuni parlamentari democratici, aveva chiesto ad ambo le parti “massima condivisione” sulle riforme. Anche la senatrice del Pd Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Affari Costituzionali, pareva d’accordo: “Io credo che sia necessario portare a compimento, in tempi certi e rapidi, dopo la prima lettura della Camera e del Senato e dopo 30 anni di discussioni, il percorso della riforma costituzionale. Resto convinta che ci siano le condizioni politiche e tecniche, anche sulla scorta del regolamento, per arrivare ad un testo ampiamente condiviso nel mio partito e nell’aula del Senato”.
Riforme, Calderoli ritira gli emendamenti
A nulla è servito il ritiro dei 500mila emendamenti da parte del leghista Roberto Calderoli (secondo i Cinque Stelle c’è stato uno scambio con l’affaire Kyenge in cui è coinvolto Calderoli). Operazione che il capogruppo al Senato del Pd, Zanda, aveva bollato come una “manovra politica”.
Colpo a sorpresa! #Calderoli annuncia il ritiro dei suoi 500mila emendamenti tranne 10 #riformasenato #1commissione #opensenato @SenatoriPD
— Francesco Russo (@francescorusso) 16 Settembre 2015
Riforme, la road map di Renzi
Il premier va dunque avanti per la sua strada, convinto di avere i numeri per far passare il piano delle riforme al Senato, confortato soprattutto dalle parole di Vincenzo D’Anna, vicepresidente del gruppo Ala, (“Con noi 13 verdiniani i numeri ci saranno, Renzi sfiorerà i 170 voti“).
Il capo del governo ha una road map ben precisa in mente, almeno secondo quanto riporta Dagospia. Voto nel febbraio 2017 “se passano le riforme costituzionali”. Voto nel 2018 se invece i tempi dell’approvazione della riforma dovessero allungarsi.