La matematica, com’è noto, non è un’opinione. Ma quando si parla di esodati qualunque totem aristotelico sembra crollare di fronte alla confusione generale. Sgombriamo subito il campo da qualunque certezza venduta a buon mercato: ad oggi un numero preciso di quanti siano gli esodati in Italia non c’è. Chi dice 300mila, chi 50mila, chi mille. Sui numeri, insomma, regna il caos.
Per chi non lo sapesse, “esodato” è un neologismo coniato a partire dal 2011 per indicare – scrive la Treccani – “quel lavoratore che aveva stabilito di allontanarsi dal proprio lavoro in anticipo, dopo un accordo con i datori di lavoro e con contratti individuali o collettivi” rimasto “senza stipendio” dopo l’approvazione della legge Fornero del 2011 che prevedeva l’innalzamento dell’età pensionistica. Fu proprio il ministro del Lavoro di allora, Elsa Fornero, a dare una stima precisa dei lavoratori rimasti tagliati fuori dalla riforma: 65mila. In realtà si scoprì più tardi che gli esodati erano quasi sei volte di più secondo i sindacati – 350 mila – o comunque il doppio secondo l’Inps – 110 mila. La Fornero, così, fu costretta a scusarsi in una conferenza stampa passata alla storia per le lacrime dell’allora ministro.
La questione è tornata alla ribalta dopo che si è scoperto che il Ministero del Tesoro (Mef) ha “inglobato” i 500 milioni riservati al “fondo di salvaguardia per gli esodati” in avanzo rispetto all’anno 2013-2014. La destinazione di questi fondi, ad oggi, non è ancora stata chiarita ma si pensa che il mezzo miliardo sia stato utilizzato per finanziare una riduzione del debito pubblico. Così, la questione è diventata politica: la Lega di Matteo Salvini e gli esodati capitanati dal Presidente della Commissione Lavoro alla Camera, Cesare Damiano, due giorni fa hanno protestato davanti al Mef. C’era anche Stefano Fassina. In serata poi erano stati proprio i deputati leghisti ad occupare i banchi del governo di Montecitorio chiedendo di modificare la tanto contestata legge Fornero, esponendo cartelli dal titolo emblematico: “ladri di pensioni”.
In una nota congiunta il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e quello del Lavoro, Giuliano Poletti, hanno annunciato che sono tutt’ora in corso “valutazioni che riguardano stime sul numero dei soggetti interessati, sugli oneri per la finanza pubblica nel tempo e le risorse necessarie a finanziare gli eventuali interventi”. Ieri intanto, durante il question time settimanale alla Camera, Padoan ha ribadito che “il governo sta studiando delle soluzioni sugli esodati”. Entro due settimane, dicono dal governo, tutto sarà più chiaro.
Il censimento
I numeri, dicevamo. Per facilitare la comprensione del fenomeno, la Commissione Lavoro del Senato ha lanciato ad aprile di quest’anno un censimento online per quantificare effettivamente il numero degli esodati. Il censimento è durato fino a luglio e i risultati sono sorprendenti: su 1.645 lavoratori che hanno svolto il questionario, solo 1.177 rientrano nella categoria “esodati”. Inoltre, il 50% di questi sono stati licenziati mentre il restante 50% hanno concluso il rapporto di lavoro con dimissioni o risoluzioni consensuali. Infine, il 51,6% (pari a 848) afferma di aver ricevuto un incentivo dall’impresa.
Ora, la domanda è: quanto è veramente rappresentativo questo numero? Ci sono altri esodati che non hanno partecipato al censimento? “Con il buon senso si può rispondere che sicuramente ci saranno delle persone che per qualche motivo non hanno partecipato all’indagine conoscitiva – tenta di rispondere Dario Di Vico sul Corriere della Sera – ma comunque è assai difficile che partendo da 1.177 casi si possa andare troppo più in là”.
Insomma, gli “esodati” in Italia sembrerebbero essere davvero pochi. Ma sui numeri – l’esperienza insegna – non si può star sereni.
Giacomo Salvini