Il 13 luglio 2013 durante un comizio della Lega a Treviglio, l’ex Ministro Roberto Calderoli apostrofò il Ministro dell’Integrazione dell’allora governo Letta, Cécile Kyenge “orango”. In seguito Calderoli venendo attaccato da più parti porse le sue scuse in Aula ai senatori ed alla Kyenge che le accettò senza querelarlo direttamente, ma i pm di Bergamo decisero comunque di procedere, accusandolo di diffamazione aggravata dall’odio e dalla discriminazione razziale.
Il voto in aula e l’assoluzione
Dopo due anni, ieri in Aula si è votato separatamente, ovvero: il primo scrutinio sul reato di diffamazione è stato votato in modo favorevole da 126 sì (116 no e 10 astenuti) consentendo in questo modo l’autorizzazione a procedere, mentre per il secondo scrutinio sull’istigazione all’odio razziale è stata negata da 196 no. La giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato ha assolto Calderoli alla luce dell’articolo 68 della Costituzione comma 1, che in forza della insindacabilità, prerogativa riconosciuta ai parlamentari, non possono essere perseguiti per le opinioni espresse ed i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Amarezza generale e verso i colleghi PD
Ebbene il Senato quindi ammette la diffamazione, ma non la discriminazione razziale, da ciò deriva la profonda amarezza della Kyenge che afferma: “Una decisione che getta un’ombra pesante sulla lotta al razzismo, il mio perdono a Calderoli l’ho dato, ma non si tratta più di un fatto personale. Ora è una questione di principio perché il messaggio che arriva dalle istituzioni ai nostri ragazzi e giovani è devastante”, è stato il commento da Bruxelles di Kyenge. L’europarlamentare del Pd è comunque risoluta a rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Inoltre a spiazzare la Kyenge, l’atteggiamento e le parole di alcuni colleghi del PD che hanno fornito delle attenuanti alle parole del Vice Presidente del Senato, come ad esempio i senatori PD Claudio Moscardelli e Giuseppe Cucca, che parlano di “particolare contesto di critica politica” e “satira”.
Do ut des?
Altro aspetto, che però la Kyenge attribuisce alla coscienza individuale dei senatori PD, il fatto che i colleghi del suo partito abbiano salvato Calderoli e che ciò abbia qualcosa a che vedere con il ritiro dei suoi 500 mila emendamenti al ddl Boschi. Il M5S sostiene questa teoria: un mero scambio affinchè non vengano intralciate le riforme del Governo.
Carla Pillitu